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"Al dutaur di mat" va in scena al "Petrella" di Longiano" a quarant'anni dalla legge Basaglia

Sul palco insieme ai pazienti del Dipartimento di Salute mentale di Bologna anche il comico Vito

 "Al dutaur di mat" va in scena al "Petrella" di Longiano" a quarant'anni dalla legge Basaglia

Una finta clinica psichiatrica, un giovane che si finge medico, pazienti del Dipartimento di Salute Mentale che interpretano finti pazienti: realtà e finzione vanno in cortocircuito sul palcoscenico del Teatro Petrella di Longiano dove giovedì 20 e venerdì 21 dicembre alle 21 va in scena Al dutåur di mȃt, adattamento in dialetto bolognese de Il medico dei pazzi di Eduardo Scarpetta: un classico della commedia teatrale che vanta anche una versione sul grande schermo con l’omonimo film diretto da Mario Mattioli con interprete il grande Totò. Questa volta siamo però a Bologna e non a Napoli, con uno spettacolo, diretto da Nanni Garella, direttore della compagnia Arte e Salute di Bologna, in questo caso anche interprete de Al dutåur di mȃt, insieme al comico Vito, alle attrici Patrizia Bollini e Licia Navarrini e agli attori e attrici/pazienti del Dipartimento di Salute Mentale di Bologna.

Lo spettacolo, dopo un primo debutto nel 2012, è stato ripreso e rimesso in scena dalla compagnia Arte e Salute in occasione dei 40 anni della Legge Basaglia. Dopo l’anteprima al Teatro Petrella, dove nei giorni scorsi si sono svolte le prove nel corso di una residenza artistica, Al dutåur di mât debutterà al teatro Celebrazioni di Bologna il 28 dicembre.

“Da quando ascoltai fluire la lingua limpida e cristallina del dialetto bolognese - spiega Garella - parlato dagli attori di arte e salute ne Il linguaggio della montagna di Pinter, cominciai ad immaginare un’opera recitata tutta in lingua bolognese: “lingua” perché volevo che avesse dignità letteraria, che non fosse soltanto vernacolo. Così nacque l’idea di lavorare sulla commedia di Scarpetta, Il medico dei pazzi, e di adattarla alla lingua originaria dei nostri attori”.

Il medico dei pazzi si è subito presentato come un titolo perfetto per Arte e Salute: il tema dell’inversione del punto di vista, nel guardare il mondo della follia, è trattato da Scarpetta con la leggerezza che gli è propria, ma con grande sapienza drammaturgica; e con sensibilità da grande scrittore nell’uso del dialetto. Nel solco di una tradizione, tutta italiana, che va dalla Commedia dell’Arte a Goldoni, a Pirandello, a Eduardo, a Gadda, a Pasolini, l’uso del parlato dialettale affonda la lingua letteraria italiana nelle sue origini popolari e spesso restituisce un’immagine inconsueta del nostro paese, visto, per così dire, dal basso. “In questi anni abbiamo continuato il lavoro sul dialetto - continua Garella - con altre opere, come Miseria e nobiltà, sempre tradotta in bolognese, e come Li buffoni, canovaccio di commedia dell’arte, riadattato ai suoni delle lingue “italianate” che sentiamo parlare in strada dai nuovi cittadini stranieri nel nostro paese. E tuttavia, in tutti noi riecheggiavano le risate del pubblico in teatro per Al dutaur di mat, l’inizio folgorante del nostro lavoro sui dialetti. Chiesi allora a Vito di darmi una mano nella mia avventura “bolognese”. Accettò con entusiasmo e ci divertimmo molto. Abbiamo deciso di tornare insieme a recitare quella splendida commedia, che celebra degnamente il quarantesimo anniversario della Legge Basaglia e del nostro impegno nella lotta allo stigma e al pregiudizio verso la malattia mentale”.

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