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Avvio del nuovo anno 

I nuovi accademici della Filopatridi ieri a Savignano

L'accademico d'onore, il giornalista Gigi Riva, ha tenuto una lectio magistralis sui Balcani, argomento di cui è grande esperto

Foto di gruppo dei nuovi accademici alla Filopatridi

Giornata delle grandi occasioni quella di ieri all'Accademia dei Filopatridi, a Savignano sul Rubicone, nel giorno di apertura del 369esimo anno accademico

Sono stati nominati tre nuovi accademici ordinari, Gabriele Boselli, Francesco Covarelli e Maurizio Urbini; due d'onore: Pascual Casan Munoz e il giornalista Gigi Riva e 12 corrispondenti: Catherine Tabone (già nominata nell'anno 2016-2017), Giancarlo Bianchi, Davide Caprili, Angelandrea Casale, Stefano Dellapasqua, Eros Fioroni, Davide Gnola, Felice Marciano, Michele Roberto, Carlo Sancisi, Grazia Urbini e Giuseppe Zangoli.

Nel corso della mattinata, a cui hanno preso parte tantissime persone, il giornalista Gigi Riva ha tenuto una lectio magistralis sul tema "Balcani, specchio del mondo". Riva è grande esperto di Balcani avendo vissuto come inviato la guerra in quelle zone negli anni '90.

"Dopo la caduta del muro di Berlino del 1989 - ha detto il giornalista - si pensava, soprattutto in Occidente, che avremmo vissuto periodi di pace. Così non è stato. Lo scontro di civiltà avrebbe e ha provocato guerre, viste le culture e i modi di vivere diversi. Persone di etnie diverse, si è scoperto in breve tempo, non erano più in grado di vivere assieme. È successo nella ex Jugoslavia, come succede oggi in Catalogna, in Belgio tra fiamminghi e valloni, in Carinzia, in Austria, in Savoia, dove ci sono spinte separatiste, tutte per motivi economici".

Perchè ancora Sarajevo, come avvenne nel 1914, con l'attentato che accese la miccia della prima guerra mondiale? "Perchè - ha aggiunto Riva - lì c'è una frattura tra due mondi: quello tra cattolici e ortodossi da una parte e quello tra cristiani e musulmani dall'altra". Due fratture, tutte con grandi frizioni. Lì, molti slavi sono stati poi islamizzati. Serbi (ortodossi) e croati (cattolici) erano egemoni. L'islam era simbolico. In Bosnia erano in realtà laici. Ma lì c'era una linea di confine (Craine), come l'altra che si trova al nord del mondi islamico, dove si trova l'Ucraina, appunto".

Su questi due confini sono sorte le ultime guerre. "Si vive di retropie - ha sottolienato ancora Riva citando Zigmunt Bauman, il teorico della società liquida -. Si rievocano miti antichi. Tutti i serbi in un unico luogo, come diceva dei tedeschi lo stesso Hitler. La globalizzazione produce paura nei popoli, incertezza sul mondo del lavoro che perde potere come lo perdono i sindacati. Non si vivono più scontri ideologici, ma c'è un diverso modo di concepire il mondo".

Il musulmani ricevono aiuti militari da alcune parti del pianeta. Gli Usa sostengono gli islamici contro l'Urss, in Afghanistan, capeggiati da un certo Bin Laden, poi diventato tristemente famoso. Li finanziano. Finita la guerra, questi mujaheddin si ritrovano senza una patria. "Sarajevo è come Gerusalemme - ha proseguito Riva - una città dell'accoglienza. Vi convivono in pace tutte le religioni. È lì che si fermano i reduci dalla guerra in Afghanistan. Durante l'assedio di quella città simbolo, inizia la sua islamizzazione. Il giorno dell'abbattimento del ponte di Mostar, il 9 novembre 1993 rappresenta una data simbolo e di snodo, come quella dell'11 settembre 2001, il giorno dell'attacco alle torri gemelle a New York".

"Caduto il muro di Berlino - ha concluso il giornalista - non era finita la storia, come aveva sostenuto il politologo Francis Fukuyama. Anzi, non avremmo più vissuto tra fratelli, come previsto da un altro politilogo, Samuel Huntington, con il suo "Scontro di civiltà". Come i fatti recenti ci hanno poi dimostrato".

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