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Ucraina

La piadina, la Dad con l'Ucraina e gli spaghetti interi

Il racconto di una famiglia che da domenica accoglie madre e figlio profughi 

Foto Caritas italiana

All’ora di pranzo, Olga, ucraina di Zaporizhia, ospite da domenica scorsa insieme al figlio Artur a casa di una famiglia di Savignano, stava mettendo gli spaghetti nell’acqua che bolliva. Al gesto di spezzarli, Mauro (nome di fantasia, ndr), romagnolo doc e capofamiglia del nucleo ospitante, l’ha guardata - fintamente - brutto e le ha detto: “se spezzi gli spaghetti, cercati un’altra casa”.

“Ci divertiamo così e molta amicizia passa attraverso il cibo”  racconta il savignanese che assieme ai figli ha deciso di accogliere in casa due rifugiati, madre 45enne e figlio 17enne, che da domenica scorsa hanno preso possesso di una stanza a casa loro, dividendo pasti, tetto e giornate con la nuova famiglia.

Poco distante, altri due giovani, fra loro cugini, Timor, 16 anni, e Valeriya, 19, amici stretti di Olga e Artur, sono stati accolti da un’altra famiglia, con figli, per dare modo ai quattro di stare vicini e frequentarsi quotidianamente, per ritrovare in qualche modo familiarità anche fuori dal loro paese.

I quattro hanno deciso di partire quando hanno iniziato a sentire bombardamenti poco lontano della loro città, abbastanza prossima alla centrale nucleare più grande dell’Ucraina e d’Europa.

“Non sapevano – racconta Mauro che risponde al telefono in viva voce per fare ascoltare l’intervista anche ai diretti interessati, google translator alla mano – come sarebbe proseguita la faccenda dei bombardamenti e, vista la contiguità con la centrale, hanno preferito mettersi al sicuro. Ad oggi la situazione a Zaporizhia è ancora stabile, domani chissà…” .

Olga è infermiera, Valeriya assistente dentista, i ragazzi frequentavano ancora le scuole, il college, che continuano a seguire tramite dad, grazie al cellulare. “Seguono – racconta Olga – lezioni di matematica, storia, geografia, letteratura e la loro insegnante ha espressamente chiesto che in Italia venga loro insegnata la lingua italiana”.

Per la conversazione quotidiana si mastica un po’, poco, di inglese, ma soprattutto Mauro cerca di insegnare l’italiano d’uso giornaliero e se serve può chiedere l’aiuto di una interprete messa a disposizione da una cooperativa di mediazione culturale del posto. In alternativa, la vicina di casa, badante ucraina in Italia da almeno due anni, si presta per i discorsi più complessi e le conversazioni articolate.

“La giornata trascorre in modo tranquillo  - racconta Mauro, pensionato -. Quando facciamo spesa li vedo interessati alle nostre cose, conoscono Romina e Albano e Toto Cotugno e hanno già imparato ad apprezzare la piadina. Quando Olga si accorge che nel carrello della spesa non c’è, torna indietro a prenderla”.

Sono arrivati in treno, passando per Varsavia, Budapest,  Romania e poi Slovacchia fino all’Italia, arrivati a Cesena hanno preso contatto con un loro conoscente di Cesenatico. Erano in otto. Quattro sono rimasti a Savignano e quattro sono andati a Cesenatico. Il loro desiderio è quello di lavorare e imparare l’italiano e non sanno per quanto tempo… Di tornare a casa non si parla. Anche se si arrivasse alla pace, quella vera, non una tregua – riflette Mauro - bisognerebbe sperare che la loro casa in Ucraina fosse ancora intera. La sorte non sarà uguale per tutti... Forse qualcuno, a pace fatta, potrà rientrare subito. Altri dovranno attendere chissà quanto e cosa.

Da domenica scorsa sia Mauro che l’altra famiglia hanno sistemato la parte burocratica e amministrativa. I minori hanno già un medico, gli adulti sono seguiti dal medico di famiglia degli ospitanti. E i ragazzi di Mauro? “Quando ho proposto a loro di accogliere, non hanno esitato un attimo. Hanno il cuore grande. “

Mentre in casa prendono confidenza, la Caritas locale insieme al Comune sta ragionando su come strutturare l’accoglienza, insegnare la lingua, approcciarsi alla scuola.

Cos’avete potuto cogliere da questa esperienza ancora all’inizio?

“Che bisogna imparare dai ragazzi. In loro la vita è più forte  - afferma Mauro con sicurezza -. Prima del loro arrivo, guardavo la tv, l’informazione in generale, gli esperti e i politologi. Adesso vedo Artur, la sua familiarità con i suoi coetanei di qui, e mentre gli adulti studiano le strategie per la vittoria, loro con un trasloco improvviso sulle spalle, una guerra sulla testa e chilometri nelle gambe, sono capaci di vivere e affezionarsi ai nuovi amici. Davvero in loro l’amore supera la guerra. Quindi io non guardo più la tv, ma guardo i giovani”.

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