Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 11 ottobre - 28ª domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Chi si oppone al progetto di Dio si condanna da solo

Is 25-,6-10; Salmo 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14

Da qualche Domenica il Vangelo di Matteo ci presenta alcune parabole con le quali Gesù fa vedere e capire ai capi del popolo, ai sacerdoti e ai farisei la loro infedeltà al Patto di Alleanza con Dio. Questo atteggiamento di tradimento della Parola ricevuta comporta la condanna, voluta, di Israele e l’apertura al Regno di Dio da parte dei popoli pagani.

Lo abbiamo visto con le parabole: del padrone della vigna…, dei due figli…, della vigna data in affitto… In queste tre parabole “la vigna” è presente come elemento comune per indicare il Regno di Dio. La parabola di questa domenica ha lo stesso significato, con sfumature nuove: il Regno di Dio viene espresso come una grande festa di nozze a cui il Signore chiama l’umanità intera.

Il tema delle “nozze” è molto frequente lungo tutta la storia della salvezza. Dio, per dimostrare il suo amore unico, infinito ed esclusivo verso il suo popolo, usa il paragone forte ed espressivo dell’amore sponsale fra sposo e sposa. Dio si dona totalmente all’uomo in Cristo Gesù, e ci riempie dei suoi doni di salvezza. Vuole che viviamo come suoi figli perché diventati, in Cristo, fratelli con Lui e tra di noi. Il Padre non ci chiede impegni astrusi e difficili da osservare, ma solo una cosa: l’amore. C’è una sproporzione incolmabile tra il suo amore senza confini e il nostro amore piccolo e limitato, ma Dio è contento così! Il nostro amore, per quanto piccolo sia, l’importante è che glielo sappiamo donare tutto. In fondo questa richiesta da parte di Dio ci fa scoprire come Lui sia la risposta concreta a tutti i nostri desideri di felicità e di pace.

Questo Re (il Padre celeste) prepara una festa nuziale per il suo unico figlio (Gesù). Gesù, con il dono di se stesso in un amore totale e fedele al Padre e verso tutti gli uomini che accolgono la sua salvezza, diventa l’unico Sposo del nuovo popolo di Dio, la Chiesa, e in prospettiva l’umanità intera. La parabola è la storia di queste chiamate di Dio (un re) alla salvezza (banchetto) e il rifiuto insolente dei chiamati (Israele con i suoi capi) con la scusa dei propri beni (campi) e delle proprie attività (affari), che altro non sono che un vile rifiuto dei doni di Dio. Oltre a questa indifferenza si aggiunge anche l’insulto con i maltrattamenti e la persecuzione ai servi del re (i profeti, Cristo stesso, gli Apostoli, ecc.). Chi si oppone al meraviglioso progetto di Dio, si condanna da solo.

Ma Dio sogna una festa cosmica e un banchetto sontuoso per tutta l’umanità. Per questo altri servi, i pastori del nuovo popolo di Dio, sono mandati nel mondo intero per invitare tutti a entrare nella grande sala (simbolo della Chiesa) per il banchetto delle nozze del Figlio. La nostra appartenenza alla Chiesa bisogna sentirla come un dono grandioso che ci riempie il cuore di gioia e di festa inalterabili. L’unica condizione per vivere nella gioia di questo banchetto eterno è l’abito nuziale (segno della grazia di Dio). A ogni invitato il Re (Padre) dà questa veste di nozze, di lino, di un bianco splendente, simbolo delle opere buone dell’amore e della vita di grazia. Ognuno di noi deve indossarlo con la risposta a Dio nella fede concreta, vissuta.

Al giudizio finale non ci saranno scuse: chi pretende di entrare alla festa nuziale senza l’abito della fede testimoniata con le opere dell’amore s’illude e non può che restare muto di fronte a Dio. Ciò che conta è capire la frase conclusiva di Gesù: “Molti sono chiamati, ma pochi gli eletti”. Ognuno di noi viene eletto, cioè salvato, in base alla sua risposta. Diceva Gesù a un’anima mistica, privilegiata: “Non mi potete dare gioia più grande di quella di salvare la vostra anima: di lasciarmela salvare. Non mi potete dare dolore più grande di quello di voler perdere la vostra anima, respingendo il mio dono di salvezza”

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Domenica 11 ottobre - 28ª domenica del Tempo Ordinario - Anno A
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