Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 14 febbraio - 6ª domenica Tempo Ordinario - Anno B

Nelle nostre vite ci sono tante malattie... di peccato

Lv 13,1-2.44-46; Salmo 31; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45

Gesù nella sua vita è venuto spesso a contatto con i lebbrosi: a quei tempi la malattia della lebbra era molto diffusa. Non esistevano le condizioni sanitarie e ambientali per sconfiggerla. La preoccupazione principale era la difesa delle persone sane da questi lebbrosi. Trattandosi di una malattia infettiva, deformante e putrida, la legge di Mosè nei confronti di questa malattia ha rimedi molto duri ed emarginanti.

Un’espressione fondamentale dell’Antico testamento: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”. Per gli Ebrei tutto l’uomo dev’essere puro: corpo e cuore. Questa purezza originaria spirituale con il tempo è diventata solo una purezza legale, cioè esteriore, secondo la legge, senza coinvolgere l’impegno del cuore. Per cui la mentalità che nel tempo è emersa, il lebbroso, segregato dalla comunità dei sani, è diventato una persona emarginata, tagliata fuori dalla vita sociale e comunitaria, quasi un maledetto.

Non solo: la sua malattia schifosa era diventata il segno del peccato. Per cui facilmente il lebbroso veniva considerato un peccatore, maledetto e castigato da Dio e dire “lebbroso e peccatore” era diventata la stessa cosa. La vita del lebbroso, emarginato e maledetto, era vissuta in modo disumano e tragico. Era una vita senza speranza e senza sbocco. Solo Gesù, mandato dal Padre per salvare l’uomo nella totalità della sua persona: spirito, cuore e corpo, ha dato speranza e dignità a tutti noi peccatori, perché malati di lebbra spirituale.

Il Vangelo ci dice che fu il lebbroso ad andare da Gesù a supplicarlo, in ginocchio, di guarirlo. Il Signore vede dentro il cuore di quest’infelice e solo Lui ne coglie la sofferenza e la tristezza per cui, mosso dalla compassione (= cum patire) tese la mano, lo toccò e lo guarì, sfidando le leggi ebraiche. Ma questi gesti di Gesù sono molto importanti, anche per noi. Gesù mette la sua carne sana a contatto con la carne malata dell’umanità devastata dal peccato.

Nella nostra vita ci sono tante lebbre di peccato. Una che le comprende tutte: la pretesa di fare ogni cosa senza Dio, contro Dio, mettendoci al suo posto. Come il lebbroso, siamo chiamati a riconoscere in noi il male che rovina e fa morire la nostra vita allontanandoci sempre più da Dio. Questa situazione, molto diffusa tra i cosiddetti cristiani, è alquanto pericolosa perché, mentre da una parte ci fa restare indifferenti perché per noi ciò che conta sono le nostre scelte senza confrontarci con la volontà di Dio, dall’altra al momento del rendiconto a Lui corriamo il rischio di trovarci a mani vuote, avendo vissuto male il dono prezioso della vita.

Vivere la fede vuol dire lasciarci toccare dalla carne sana di Cristo che con la Risurrezione ha vinto la nostra umanità malata di lebbra spirituale e solo con Lui la nostra vita umana viene rinnovata, cioè salvata per sempre dalla sua presenza in noi. Il contatto con Gesù risorto è avvenuto per noi con il Battesimo e gli altri Sacramenti della vita cristiana: Penitenza, Eucarestia e dono dello Spirito Santo. Dobbiamo far risaltare in noi questa vita nuova, che ci rende figli di Dio incamminati verso la vita eterna, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio e riscoprendo il bisogno della Preghiera e delle opere di Carità verso gli altri: è questa l’unica strada che ci porta a Dio e ci salva.

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