Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 2 maggio - 5ª domenica Tempo Pasqua - Anno B

Siamo degni d’amore perché amati da Dio Padre

At 9,26-31; Salmo 21; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

La figura così familiare della vite e dei suoi tralci ci fa subito venire in mente quanto spesso noi ci illudiamo di essere la fonte originaria delle nostre idee, delle nostre azioni, della nostra bellezza sia umana che spirituale. A pensarci solo un poco però ci rendiamo conto della vanità di questa pretesa.

Sappiamo bene che tutto ciò che siamo e possediamo è dono di Dio e che pretendere di essere indipendenti e, come si dice spesso, autoreferenziali, è come ripetere ossessivamente il peccato originale.

La superbia è alla radice dei peccati. Più una persona ha doti, qualità, opportunità, capacità più è convinta di meritare considerazione, denaro, potere, privilegi.

Basta però che ci sia qualcun altro vicino a lei con la stessa pretesa e nascono invidie, rivalità, supponenze, lotte, contrapposizioni che lasciano una inquietudine malsana e corrodente.

Solo riconoscendoci tutti come manifestazione della grandezza, sapienza e bontà di Dio possiamo valorizzare al meglio le nostre qualità e apprezzare quelle degli altri. Anzi, non solo apprezzare, ma essere convinti che solo accettando e promuovendo l’apporto degli altri possiamo contribuire adeguatamente alla costruzione del regno di Dio già su questa terra, sempre incompiuto fino a quando lo vivremo in pienezza alla fine dei tempi, come ci conferma la nostra fede.

Ed è proprio la fede a farci innalzare nella comprensione della figura delle vite e dei tralci rispetto alla considerazione della morale relativa alle cose di questo mondo.

Dobbiamo essere tutti dei mistici, pur con i piedi ben saldi sulla terra. Il nostro cuore e la nostra mente devono sapere astrarsi dalle necessità immediate e rivolgersi direttamente a Dio riconoscendo la nostra dipendenza totale da lui. Dipendenza che non è umiliante, ma origine della nostra dignità che possiamo mantenere intatta solo uniti al Signore. Riconoscenza che si esprime in preghiera, come quella che spesso si recita invocando il salmo 8:

“O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza. Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi. O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!”.

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