Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 20 febbraio - 7ª domenica Tempo Ordinario - Anno C

NON PENSARE A SODDISFAZIONI. AMA, PREGA E BASTA

1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38

Appena ascoltiamo il Vangelo di domenica 20 febbraio ci sembra di essere arrivati a omelia iniziata – cosa che non si deve mai fare -. Invece si tratta della continuazione di quello di domenica scorsa: “Il discorso della pianura”.

L’amore verso il prossimo e verso il nemico è il tema centrale di tutto il discorso diretto a: “voi che mi ascoltate” (Lc 6,27). Noi dobbiamo fare esattamente il contrario di ciò che fanno i nostri “nemici” nei nostri confronti: vedi la quarta beatitudine (6,22).

Ai discepoli di Cristo sono diretti quattro imperativi affinché diano una risposta cristiana a situazioni molto chiare e concrete.

Prima il Vangelo ci diceva: “vi odieranno”. Ora ci dice: “Amate i vostri nemici”; là ci diceva “vi metteranno al bando”, e ora: “Fate del bene a quelli che vi odiano”; prima: “Vi insulteranno”, ora ci viene comandato: “Benedite coloro che vi maledicono”; prima: “Disprezzeranno il vostro nome come infame” e adesso: “Pregate per quelli che vi trattano male” (vv. 27-28). “Siate misericordiosi” (v. 36), questa parola che nei Vangeli si trova solo in Luca, è molto presente nell’Antico Testamento: “misericordioso” è un attributo di Dio. “Non giudicate”: cioè non si deve criticare e condannare.

Purtroppo noi siamo così diversi dal nostro Padre celeste che possiamo andare benissimo alla trasmissione “I soliti ignoti”: nessuno ci riconoscerebbe. Dopo i quattro imperativi (vv. 27-28), incontriamo tre esempi sulla non-resistenza al male e alla violenza, che sfociano nella cosiddetta “regola d’oro”: fare agli altri quel bene che vogliamo che gli altri facciano a noi (v. 31). Qui la troviamo in positivo, mentre in Tb 4,15 e negli autori greci si trova in negativo: “Non fate...”. Poi tre domande retoriche (vv. 32-34), che presentano tre obiezioni.

La condotta del cristiano deve essere diversa da quella degli ebrei che amano solo i loro compatrioti, diversa da quella dei greci e dei romani che agiscono secondo il principio della “reciprocità”. Sono infatti i peccatori coloro che fanno il bene sperando sempre nel “contraccambio” (charis). No, no: il cristiano ama, fa il bene senza aspettarsi nessun contraccambio. Ama, prega e basta; non deve pensare alle soddisfazioni.

Il cristiano mai instaura relazioni pensando solo alla “gratitudine” di ritorno. “Non giudicate”: significa che non si deve criticare e condannare; chi ti credi di essere? Dio sembra uno di quei pochi commercianti che ti pesano con abbondanza la merce o che te la misurano con il grembiule delle nostre buone mamme. Ma tu, se sei taccagno, che ti aspetti?

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