Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 24 gennaio - Domenica della Parola, San Francesco di Sales - Anno B

La vita umana è precaria. Occorre guardare oltre l’orizzonte terreno

Gio 3,1-5.10; Salmo 24; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

Il Vangelo che la Liturgia ci propone in questo anno, nelle domeniche ordinarie, è quello di Marco. Questo evangelista riflette la predicazione della Parola fatta da Pietro: un Vangelo fresco, concreto, che va subito al dunque nell’annuncio della persona di Cristo.

Gesù, iniziando la sua missione di salvezza dalla Galilea, ripete spesso: “Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Tutto questo per dirci: il Vangelo è un messaggio di gioia che libera l’uomo da se stesso e dal suo peccato. Ognuno di noi, accogliendo la Parola di Dio, diventa libero da se stesso e dal condizionamento dell’egoismo di cui siamo impastati, per realizzare in noi la persona che Dio ha creato a sua immagine: pura relazione, puro dono, puro amore (come è Dio nel mistero Trinitario). Questa accoglienza del Vangelo è urgente e si esprime nella conversione: cambiare mentalità, distaccarsi dal peccato, accogliere spontaneamente le parole di Gesù perché il Regno di Dio, traguardo unico e vero della nostra vita, è vicino, è qui ed ora.

Per questo Gesù cammina lungo la riva del lago e rivolge la prima chiamata a seguirlo a due coppie di fratelli: Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni facendo balenare nella loro mente una realtà nuova ed esaltante fino alla vita eterna: diventare pescatori di uomini, collaborando con Lui per aprire a tutti il futuro di Dio (il Regno): unica meta finale, positiva e felice perché noi siamo in questa vita per tornare a Dio per sempre. Questi primi quattro discepoli, attirati dalla sua parola e dal suo sguardo, lo seguono “subito” (con generosità) “lasciate le reti” (distacco e rinuncia a una vita limitata e chiusa in se stessa) “lo seguirono” intravedendo una realtà di vita dagli orizzonti sconfinati ed esaltanti.

Forse noi, oggi, appiattiti da una cultura materialista e lontani dai valori veri della vita, impregnati ancora in un consumismo esasperato in cui ciò che conta è il “mordi e fuggi” senza meta e senza obiettivi forti, potremmo pensare che le proposte del Vangelo siano utopie vane e fuori della realtà, ma non è così. Pensiamo ai tanti esempi di giovani e ragazze che si donano a Cristo con un nuovo entusiasmo; la stampa laica è chiusa a queste notizie perché prevenuta dalle ideologie lontane dalla fede. Verrà il momento in cui i frutti di queste nuove chiamate si faranno sentire.

San Paolo (seconda Lettura) ci indica, nel brano, il modo concreto di una conversione per rivolgere il nostro sguardo a Dio che solo dà valore e pienezza a tutte le realtà della nostra vita, secondo la chiamata che ciascuno ha ricevuto. Dopo la venuta di Cristo, c’è un’accelerazione della storia (“il tempo si è fatto breve”) perché siamo entrati negli ultimi tempi. La nostra vita umana è precaria e fragile (Giobbe). Paolo, negli esempi che descrive, vuole insegnarci il distacco dalle cose di quaggiù e farci guardare alle realtà finali. L’amore umano, la gioia e il dolore, le attività lavorative, il commercio e l’uso dei beni materiali in sé sono un bene; ma diventano un male quando noi diamo a queste realtà un valore assoluto, diventano idoli che ci rendono schiavi. Non dimentichiamoci, dice Paolo, che “passa la figura di questo mondo”. Siamo invitati a guardare oltre all’orizzonte terreno, per vedere e trovare quel mondo nuovo che Dio ha preparato per realizzare la verità della nostra vita e la felicità indistruttibile.

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