Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 27 marzo - 4ª domenica di Quaresima - Anno C

LA MISERICORDIA DI UN PADRE VERSO I SUOI DUE FIGLI
Gs 5,9.10-12; Salmo 33; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32

Se alla fine della lettura del capitolo 15 di Luca sei rimasto pensoso, molto bene, era proprio quello che voleva l’autore. Siamo di fronte a un finale aperto, che ci deve far riflettere. E poi, data la lunghezza del testo, non c’era bisogno delle altre due piccole parabole iniziali. Comunque un legame c’è, anzi più di uno: anzitutto tutto quello che “era perduto... è stato ritrovato”.

In secondo luogo la pecora si smarrisce fuori casa, nel deserto; la moneta è smarrita in casa. La stessa cosa capita poi ai due figli: il figlio più giovane si perde allontanandosi da casa, mentre il maggiore abitando nella casa paterna. Siamo di fronte a una parabola famosissima e c’è bisogno di cambiare un titolo ormai logoro. La chiameremo: la parabola del Padre misericordioso, o, “Il Padre misericordioso e i suoi due figli”, che sono dei “persi”.

Siamo di fronte a un padre prodigo... d’amore. E vi è altro. Cosa dovranno cambiare i giusti e i peccatori per entrare veramente nella casa del padre? Ritorniamo alla trama della parabola. “Il più giovane” si azzarda a fare una richiesta - accolta dal padre - per avere ciò che gli tocca: un terzo della eredità. Il più giovane raccolse i suoi beni convertendoli in denaro, e se ne andò in un paese lontano, vivendo da scialacquatore. Non gli restava che partecipare ad Affari tuoi.

Però di fatto andò a “stringersi addosso” a un padrone, cioè a servirlo come uno schiavo. Avrebbe voluto riempire la sua pancia, fosse anche con carrube. “Allora rientrò in sé” (15,17): inizia a prendere coscienza, a riflettere, ma la conversione è ancora lontana. Si tratta di una decisione pragmatica: in quei frangenti, cosa è meglio fare? In fondo si tratta di un calcolo: vuole instaurare un nuovo rapporto con il padre, come bracciante. Ma tutto questo è assurdo: per lui in quella casa c’è un unico posto, quello di figlio. La reazione del padre, con le viscere stravolte, è sorprendente: gli dà vestito, anello e sandali perché si tratta di un figlio. Qualcosa di nuovo è cambiato a livello di relazioni.

Invece con il figlio maggiore ritorniamo a un livello pragmatico. Il suo discorso è tutto centrato sul confronto: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato...” (15,29). Dare e ricevere: tutto qui. La risposta del padre rimane di un altro tenore: gli fa scoprire cosa vuol dire essere figlio e come lui ami gratuitamente entrambi. Questo “figlio maggiore”, ribollente d’ira, come sarà andato a finire?

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Domenica 27 marzo - 4ª domenica di Quaresima - Anno C
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