Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 30 maggio - Santissima Trinità - Anno B

Che i figli di Abramo imparassero a vivere insieme

Dt 4,32-34.39-40; Salmo 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20

Quando vai a Messa, se per caso non arrivi in ritardo, senti che il celebrante prega rivolto al Padre e poi conclude: «Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli».

La nostra preghiera, cioè quella della Chiesa, è e rimane essenzialmente trinitaria. Dire “Trinità” è come entrare in un tunnel, in un fitto mistero, ma non l’abbiamo inventato noi e nessuno se lo sarebbe sognato.

Questa rivelazione sul cuore di Dio l’abbiamo ricevuta a partire da Gesù Cristo e approfondita con il Nuovo Testamento. Il Vangelo ce ne parla nell’infanzia di Gesù, nel battesimo, nella trasfigurazione, sulla croce e dopo la resurrezione. Cristo ci ha parlato del “Padre” e dello “Spirito” e di una comunione continua tra loro per un progetto di vita eterna per tutti.

Matteo in 28,16-20 ha trasformato il suo Vangelo ben ordinato, ma diretto principalmente ai cristiani-giudei, in un Vangelo più ecclesiale, più “cattolico”, cioè più universale. Vediamo.

A questi undici discepoli ancora impauriti e tentennanti nella fede, Gesù Risorto dà loro i suoi stessi poteri di santificazione e dice loro – in modo chiaro e deciso: «Andate».

Ma per che cosa? A fare che? Qui abbiamo una frase principale: «Fate discepoli tutti i popoli». A tutte le persone, non importa l’età, il livello culturale e il colore, viene annunciato Cristo crocifisso e risorto, e la possibilità – la “fortuna” diremmo noi - di diventare discepoli di Gesù di Nazaret e poter entrare così a formar parte della sua Chiesa.

Come? Nel giorno del nostro Battesimo fummo “immersi” nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. E aggiunge: «Insegnando loro…»: infatti anche la catechesi è necessaria, prima, dopo, sempre.

La certezza che siamo immersi in questa continua corrente di “amore” trinitario dovrebbe aiutarci a testimoniarlo nelle comunità in cui siamo inseriti.

Ritorno spesso con il pensiero in Terra Santa, e ricordo un passo: «Il Signore apparve alle Querce di Mamre… Abramo alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui» (Gen 18,1-2). Utinam, ojalà, “volesse il cielo che”… a immagine della Santissima Trinità, i figli di Abramo imparassero a vivere insieme nella stessa Terra.

“Sia benedetto Dio Padre e l’unigenito Figlio di Dio e lo Spirito Santo; perché grande è il suo amore per noi”, ci ricorda la liturgia.

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