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Gioco di squadra

L’esclusione di Milano, e quindi dell’Italia, quale nuova sede per l’Ema, l’agenzia europea del farmaco costretta a traslocare da Londra a causa della Brexit, ha più il sapore della beffa che non quello della sconfitta.

Gioco di squadra

Diciamolo con schiettezza: potrà anche essere regolare, ma non è normale. L’esclusione di Milano, e quindi dell’Italia, quale nuova sede per l’Ema, l’agenzia europea del farmaco costretta a traslocare da Londra a causa della Brexit, ha più il sapore della beffa che non quello della sconfitta. Aver perso per sorteggio in favore di Amsterdam lascia molto amaro in bocca, soprattutto perché per una volta il nostro Paese si è saputo proporre unico, con competenza e professionalità.

Rimane il rammarico di avere perduto senza essere stati sconfitti. Anzi, Milano è stata in testa in tutte le votazioni affrontate, fino a quella finale con la città olandese. Poi, dalla parità è scaturito il duello lasciato alla sorte, come prevede un regolamento assurdo che si affida alla dea bendata per destinare una sede prestigiosa che si porta con sé una dote non da poco.

Abbiamo perso un pacchetto sostanzioso che per l’Italia sarebbe stato ossigeno prezioso, visti i tempi magri degli ultimi anni. Si tratta di una partita con 775 addetti di staff, ben 5mila consulenti/collaboratori, una dotazione di budget da 325 milioni di euro e un volume d’affari generato di oltre un miliardo e mezzo di euro. Come si vede, sono cifre di grande interesse, importanti anche alle nostre latitudini, dove latitano lavoro e investimenti.

È davvero un peccato. I commenti del giorno dopo, martedì 21 novembre, sono tutti incentrati sulla delusione e sull’amarezza. Ma anche sull’inconsistenza europea che non può esimersi dal decidere su materie così delicate. È accaduto anche per Parigi che ha vinto grazie al sorteggio, sempre lunedì scorso, nei confronti di Dublino, per l’altrettanto importante sede della Eba, l’autorità bancaria europea che i tedeschi con Francoforte pensavano di avere già in tasca.

“Non abbiamo perso”, ha dichiarato ad Avvenire il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. È verissimo, ma è una magra consolazione. Si sarebbe dovuto andare avanti con le votazioni, anziché affidarsi a un sistema che non soddisfa neanche nel calcio, che comunque da decenni ha scelto i rigori. “Doveva uscire una decisione della maggioranza – ha aggiunto – poiché parliamo di un’istituzione importante, che tutela la salute…”.

Da questa vicenda traiamo un insegnamento importante, validissimo anche per il nostro territorio spesso vittima di provincialismo e di invidie di basso lignaggio. Se l’Italia vuole, ha tutti i parametri per giocarsela alla pari con i competitor europei. Non dobbiamo vivere di manie di persecuzione e pensare che gli altri siano sempre superiori. Chi va all’estero nota le eccellenze del nostro Paese, le vede e le apprezza. Lo stesso accade a chi ci vede da oltre confine. Siamo chiamati a esserne più consapevoli e a fare gioco di squadra.

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