Editoriale
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I fratelli da vedere

“Dio scende dai balconi del cielo. Si compromette con la realtà umana al punto da assumerla e farla propria. È il grande mistero dell’incarnazione che l’anno liturgico ci propone sempre a Natale”.
Lo scrive il vescovo Douglas nella meditazione per l’Avvento dal titolo “Invito voi a fare la rivoluzione della tenerezza”, pubblicata in questi giorni.

I fratelli da vedere

“Dio scende dai balconi del cielo. Si compromette con la realtà umana al punto da assumerla e farla propria. È il grande mistero dell’incarnazione che l’anno liturgico ci propone sempre a Natale”.

Lo scrive il vescovo Douglas nella meditazione per l’Avvento dal titolo “Invito voi a fare la rivoluzione della tenerezza”, pubblicata in questi giorni.
Entriamo nel periodo di preparazione alla nascita di Gesù. Un Dio che si fa uomo e “si compromette con la realtà umana”, come mette in evidenza monsignor Regattieri. Ci è dato un po’ di tempo, se riusciamo a ritagliarcelo, per non giungere impreparati. Si tratta di un periodo propizio, da intercettare, sfruttare, non farsi scivolare addosso, come purtroppo capita in questi tempi vissuti con i minuti tiranni.

“Incarnazione è Dio che cerca la relazione con gli uomini”, aggiunge il vescovo Douglas. E ne consegue, continua il presule, “che viviamo bene il Natale se, accogliendo Gesù nella nostra vita, sul suo esempio creiamo belle relazioni con i fratelli”.

Siamo sempre lì, a ragionare di momenti da dedicare a chi ci vive accanto. Anche a quelli che non vediamo, i nuovi invisibili, i senza dimora, i nuovi poveri che si nascondono dietro una vergogna insopportabile che oggi può capitare a tutti.

Il richiamo più forte è per ciascuno di noi. Per la nostra quotidianità costruita su relazioni spesso sfuggenti, dettate dalla fretta e dalla sbrigatività. Rifletto ad alta voce, s’intende, sulla scorta dei richiami del nostro vescovo che cerca anche delle esemplificazioni. “Faremo un Natale vero – scrive ancora monsignor Regattieri – se a nostra volta toccheremo la carne del fratello, specialmente quello che soffre”.

Chi è mio fratello oggi? Credo stia qui la chiave di volta. È colui che incontro in zona stazione e non sa dove andare a dormire? Sì, è certamente anche costui. È un ultimo, uno di quei poveri che spesso ci vengono indicati da chi opera in prima linea e anche dallo stesso papa Francesco che si china sulle numerose indigenze del mondo e di chi lo abita. Tuttavia ci sono anche altri fratelli che spesso non vogliamo vedere o di cui smarriamo l’orizzonte.

I primi sono quelli di casa nostra. I tragici casi italiani di questi giorni richiamano a una maggiore attenzione verso le nuove generazioni. C’è una richiesta di dialogo che rimane insoddisfatta e che spesso sfocia in situazioni impensabili. Poi ci sono quelli soli, i colleghi di lavoro, gli amici, i vicini di casa.

La lista si potrebbe allungare. Tocca a me, tocca a noi, non per facile buonismo, ma per la nostra realizzazione, per la nostra salvezza, qui e ora.

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