Editoriale
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Quel rumore tenue

Cerchiamo di andare oltre la notizia, di farci guidare in una realtà autentica, non solo quella popolata di paure e di negatività.

Quel rumore tenue

Tutti parlano dei terribili e temibili ragazzini di Napoli. Ho sotto mano i quotidiani di martedì, dopo aver ascoltato il notiziario delle sei di mattina. I primi titoli, purtroppo, sono per loro, per queste baby gang che fanno paura a Napoli, a Roma, Torino, nelle grandi città come in quelle di provincia. Crescono e si alimentano di violenza questi bambini o poco più che terrorizzano i loro coetanei e anche gli adulti.

Poi scruto meglio i giornali. Li apro, li leggo, cerco di capirne un po’ di più. Tento di andare oltre la notizia, di farmi guidare in una realtà autentica, non solo quella popolata di paure e di negatività. Mi fermo su un paio di pezzi che attraggono la mia attenzione e su un foglietto giunto ieri in redazione, una lettera al direttore scritta a mano, una rarità in questi tempi digitali.

Chiara Giaccardi su Avvenire di domenica scorsa ha redatto l’editoriale in prima pagina commentando il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. “Prevalga la speranza” è già un titolo che allarga il cuore. Ne consiglio la lettura integrale. Un testo che andrebbe letto, riletto e meditato parola per parola tanto è denso e intenso.

“Non c’è alternativa tra la vita e morte – scrive la Giaccardi – tra la generatività e la stagnazione. Ciò che non respira, che non si allarga, che non lascia entrare aria da fuori si spegne per asfissia. Se pensiamo di salvarci chiudendo porte e finestre, alzando muri, costruiamo solo la nostra prigione e in fondo siamo come chi sega il ramo su cui è seduto”.

Concetti solo un po’ diversi da quelli espressi lunedì scorso dal candidato alla Regione Lombardia Attilio Fontana che ha parlato, a proposito di immigrazione, di “realtà etnica” e di “nostra razza bianca” da difendere prima che sia cancellata. Poi, lo stesso Fontana ha fatto retromarcia, riferendosi a un lapsus.

Tutti rischiamo di respirare aria ammalata, e non solo di Pm10. Ci avvolge un clima impalpabile, ma al tempo stesso pervasivo e persuasivo, con il quale si racconta solo una parte di realtà. Non che non esista questa parte, intendiamoci bene. Ma spesso viene ingigantita, enfatizzata, come se corrispondesse alla totalità di ciò che avviene attorno a noi.

Il rischio di farci travolgere è dietro l’angolo, e vale per ciascuno di noi. Da Avvenire di martedì prendo un titolo dalla pagina 2 “Idee”. A Valter Boero dell’università di Torino risponde Marina Corradi. Questo il tema: “Gli studenti che soccorrono una ragazza e l’importanza di raccontare il bene”. Il fatto, una giovane in spiaggia salvata da uno stupro, è stato ignorato dai grandi media. Invece, scrive la Corradi, “dovremmo raccontarci di più il bene, per non lasciarci smarrire, per non finire col convincerci che ormai viviamo in una giungla. Per non diventare cinici e disillusi”.

È quello che scrive la lettrice del Corriere Cesenate, a proposito di uomini che molestano le donne, motivo per il quale “viviamo nella paura, non siamo mai tranquille”. Invece, annota la lettrice (L. E. Zoffoli) “frequento spesso un ricovero per anziani. Vedo mariti che assistono con amore e costanza le mogli gravemente malate. Lo trovo commovente e in quei gesti vedo il per sempre del matrimonio”.

“Per non aver paura di far nascere dei figli in questo mondo – conclude la sua risposta Marina Corradi – abbiamo bisogno di imparare a tendere l’orecchio, e imparare, sì, a riconoscere il rumore tenue, ma ampio e fedele, della foresta che cresce”.

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