Editoriale
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Pensare il post emergenza

Ricostruzione

C’è una priorità, credo, che debba essere messa in cima a tutto. In queste lunghe settimane di isolamento me ne sono reso conto in maniera particolare e qualcuno comincia a dirlo con una certa insistenza. Qui vorrei portare il mio mattoncino. Parlo dei giovani. È su di loro che occorre investire. Ora è il tempo della ricostruzione

Ricostruzione

Adesso è l’ora di fare sul serio. Non che finora non si sia fatto, anzi, tutt’altro. Pensiamo al lockdown e a come gli italiani, quindi noi tutti, hanno risposto in maniera tanto responsabile. E i risultati, sperati, non si sono fatti attendere.

I numeri della pandemia ora sono molto contenuti e in costante discesa, come tre mesi fa ci si augurava e come, con l’apporto dei più, si sta realizzando. Adesso inizia l’operazione più difficile, quella più complicata. Da rimettere in moto c’è il meccanismo che si è inceppato. È da oliare, aggiustare, riassestare, riequilibrare.

È come un’articolazione rimasta bloccata dall’ingessatura. Per tornare alla normalità occorre un impegno forte nella riabilitazione, abbinata a non poca pazienza. In ogni caso, non c’è tempo da perdere. Troppe aziende sono rimaste al palo per lungo tempo. Altre sono ancora in attesa di vedere come evolve la situazione circa il distanziamento sociale, quello cui vorremmo rinunciare quanto prima.

Il turismo, con tutto ciò che si porta dietro, in primis gli eventi pubblici di cui il nostro territorio è così prodigo, ha bisogno di accorciare le distanze e di tornare a vivere con il sorriso.

Il Paese avverte la necessità impellente di ripartire. Sono state annunciati molti sostegni e tantissimi interventi governativi e nei prossimi giorni si terranno gli stati generali dell’economia. Non possiamo perdere altri posti di lavoro. Tantissimi occupati sono ancora in cassa integrazione. Altri, in specie i precari e le partite Iva, hanno avuto incassi prossimi allo zero.

C’è una priorità, credo, che debba essere messa in cima a tutto. In queste lunghe settimane di isolamento me ne sono reso conto in maniera particolare e qualcuno comincia a dirlo con una certa insistenza. Qui vorrei portare il mio mattoncino. Parlo dei giovani. È su di loro che occorre investire. Dopo quello che hanno vissuto, dalle materne alle università, in questo anno scolastico così tormentato, penso abbiano il bisogno di sentirsi al centro dei pensieri di questa nostra Italia e di chi la governa.

La scuola, e più in generale l’educazione, le nuove generazioni, la loro formazione fino ai massimi livelli: sono convinto debba essere questa la prima urgenza su cui puntare. La ripresa del lavoro è il necessario presupposto per dare alle famiglie la possibilità di andare avanti senza angosce. Ma il domani, che è già oggi, ci impone un salto, con lo sguardo rivolto almeno dieci anni avanti.

Investire è il verbo da utilizzare. Con la spinta poderosa che ci vuole come quando si esce da una guerra. Non penso sia esagerato il paragone. Gli effetti sono stati molto simili. Ora è il tempo della ricostruzione.

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