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Clownterapia? Fondamentale nella cura

Il 5 dicembre, nell’aula magna di Psicologia di Cesena, medici, operatori e studiosi si sono ritrovati per approfondire risultati e vantaggi della clownterapia. Presentato il film-documentario “Clown in corsia” del regista Matteo Medri che racconta l’esperienza e l’impegno di persone che operano come clown-dottori nell’ospedale Bufalini di Cesena e al Salesi di Ancona.

Il 5 dicembre, nell’aula magna di Psicologia di Cesena, medici, operatori e studiosi si sono ritrovati per approfondire risultati e vantaggi della clownterapia. Presentato il film-documentario “Clown in corsia” del regista Matteo Medri che racconta l’esperienza e l’impegno di persone che operano come clown-dottori nell’ospedale Bufalini di Cesena e al Salesi di Ancona.

Viene confermato che ridere aiuta a guarire e che la comicità e l’improvvisazione teatrale sono medicine. Le basi neurobiologiche di ciò sono, ancora una volta, nei “neuroni specchio” che ci permettono di comprendere e partecipare dello stato emotivo dell’altro. Questo è possibile attraverso l’interazione diretta fra esseri umani mossa dall’affettività; “non c’è Io senza Tu…” dice Martin Buber. Ciò che interessa i bambini, gli adolescenti e anche noi adulti, è l’essere dall’altro riconosciuti e desiderati; pensiamo di esistere nella misura in cui ci rispecchiamo nello sguardo che altri ci rivolgono.

Questo complesso rapporto di “empatia cognitiva”, cioè di capire l’altro e mettersi nella sua prospettiva, viene ottenuto dai volontari clown dottori, con una tecnica professionale acquisita durante un lungo percorso formativo di competenze psicologiche e teatrali. L’organizzazione della presenza dei clown è attualmente ben definita, oltre che in Pediatria, nelle
sale antistanti gli interventi chirurgici pediatrici di ogni tipo e al Centro ustioni.

“Al centro del teatro, cioè della stanza di Pediatria, non ci sono io che vengo applaudito dal pubblico per le gag che faccio, ma il bambino che viene applaudito da noi clown e genitori (pubblico), per quello che riusciamo a fargli fare, divertendosi”, racconta un volontario. Questo atteggiamento è in completa sintonia con il “Codice del diritto del minore alla Salute” approvato dall’Onu nel 1989, dove l’articolo 19 descrive gioco, divertimento, letture e ascolto musicale come essenziale nel percorso di cura.

Lo scorso 10 novembre, il Convegno sull’arte terapia, svoltosi alla Basilica del Monte di Cesena, ha scientificamente confermato che attività ludiche e ricreative creano un spazio fantastico e narrativo che distoglie il bambino dai trattamenti a cui viene sottoposto. Come il cibo nutre il corpo, il gioco cresce le abilità cognitive e spaziali, ma solo se gli oggetti che il bambino usa (i vecchi mattoncini-cubi, palle, rampe, gru, camion) confermano le regole fisiche della gravità. Smartphone e schermi, con lo scorrimento veloce delle immagini, ostacolano l’acquisizione del “metronomo interno”, che è la capacità del bambino di comprendere ed inserirsi nel ritmo reale del mondo e si struttura nei primi 24 mesi.

Ancora una volta entrambi i convegni hanno ribadito che parole, letture, canto, musica e gioco fanno crescere gli affetti nelle relazioni che il bambino ha con le persone reali, infondendogli un profondo interesse per il suo futuro anche in condizioni sfavorevoli.

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