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Emergenza sanitaria

Cosa mi sta insegnando il Covid

È cambiata in questi mesi la mia vita? Non lo so, sicuramente mi sto accorgendo di cose che prima scorrevano vicinissime ma non le intercettavo

“Peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”. Sono le parole che papa Francesco ha pronunciato quando abbiamo ricominciato a fare capolino fuori dalle nostre case. È cambiata in questi mesi la mia vita?

Non lo so, sicuramente mi sto accorgendo di cose che prima scorrevano vicinissime ma non le intercettavo.

Ho ritrovato la Messa domenicale, che seguivo distrattamente prima dell’emergenza. Vorrei viverla diversamente. Da lì passa l’incontro che cambia tutto.

In questo mese la mia attenzione è “caduta” su persone che hanno vissuto in tempi e spazi vicini: Angelina Pirini, Alberto Marvelli, Carlo Acutis. Mi ha colpito questo filo comune che li unisce, l’attaccamento all’Eucarestia, “un’autostrada per il cielo” come diceva il giovanissimo Carlo.

Lavoro in un ente pubblico, abbiamo garantito il nostro servizio nonostante i disagi e il lavoro a distanza, adesso stanno arrivando tante risorse, distribuite anche in modo un po' casuale e schizofrenico. È un’occasione unica per far star meglio le nostre comunità, da non perdere.

Cerco di leggere con più attenzione, cresce il mio fastidio per articoli di giornale non documentati e soprattutto mi crea imbarazzo la diffidenza di chi minimizza ciò che è accaduto nei mesi di marzo e aprile in Italia.

Mi è sufficiente sapere che nei primi 8 mesi del 2020 il numero di morti al Nord è cresciuto del 19,5 per cento rispetto alla media dei 5 anni precedenti (dati Istat). Non sono però statistiche, sono persone che forse potevamo salvare. E poi abbiamo visto da vicino la sofferenza delle nostre case di riposo, attaccate da questo virus, colpite duramente negli affetti delle famiglie coinvolte.

Mi è sempre stato insegnato di impegnarsi per il rispetto della vita, nostra e di chi ci sta accanto. Su questo mi aspettavo un impegno “furioso” da parte di tutti, un dibattito e un confronto per fare a gara nell’attrezzare degnamente il nostro sistema socio-sanitario. Se ciò non è avvenuto devo fare la mia parte, non posso limitarmi alla denuncia o a puntare il dito contro qualcuno. Credo sia questa la fame e sete di giustizia di cui parlava Gesù.

Sento la necessità di essere attento e prudente, di mandare avanti le cose più importanti di questo momento: la salute dei più fragili e lo sviluppo dei nostri figli. Mi commuovo pensando a un amico disabile che non può andare al suo centro diurno con gli amici del gruppo. Vorrei aiutare i ragazzi catapultati dall’Africa in Italia che dopo anni stentano ancora a parlare la nostra lingua. Sento il bisogno di fare due passi assieme a un familiare che sta male o a un collega che soffre per problemi familiari. Mi sembrano queste le cose che contano, le occasioni da non sprecare.

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