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Giochi di potere e legge elettorale

Siamo alla quinta riforma della legge elettorale in poco più di 25 anni. E le discussioni "tafazziane" continuano

Per chi comincia ad avere troppi capelli bianchi in testa le discussioni sulla legge elettorale del nostro Parlamento ricordano vagamente quelle scene di autolesionismo a cui assistiamo spesso durante la visione di un programma divertente (mi viene in mente Giacomo Poretti quando impersonava in Mai dire goal il signor Tafazzi che si prendeva a “bottigliate”).

La Corte costituzionale ha bocciato il referendum sulla legge elettorale per abrogare le norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e trasformare il nostro sistema elettorale in maggioritario puro (viene premiata una maggioranza relativa per vincere e governare il Paese). Il quesito referendario era stato proposto da otto consigli regionali tutti guidati dal centro-destra, seguendo un percorso singolare per modificare la rappresentanza parlamentare di tutti gli italiani.

In attesa di conoscere i motivi della decisione assunta dalla Corte (non dovrebbe esserci bisogno di un giurista per comprendere che le modifiche della legge elettorale sono un meccanismo complesso che deve garantire certezze, ad esempio in merito ai collegi in cui si vota con la nuova legge), confidiamo che il Parlamento torni ad appropriarsi del suo ruolo, individuando un assetto che tenga conto di questo particolare momento storico, senza inseguire le convenienze di questo o quel partito.

La spinta alla semplificazione, associata alla riduzione del numero dei parlamentari che sta maturando, potrebbe portare a una riduzione dei livelli di rappresentanza che, per un Paese demotivato come il nostro e in calo partecipativo, non sembra essere un obiettivo così desiderabile.

Dietro la scelta della legge elettorale si manifesta una diversa visione del funzionamento del sistema parlamentare. Per i sostenitori del maggioritario le coalizioni tra i partiti devono nascere prima del voto così da permettere agli elettori di scegliere quale debba essere la maggioranza a governare il Paese. Per i fautori del proporzionale gli elettori si esprimono in merito ai propri rappresentanti, lasciando a essi la decisione per la composizione del futuro esecutivo.

È un dato di fatto che, in assenza di riforme istituzionali serie, tutti i tentativi di assicurare la governabilità per via elettorale si sono sempre infranti dinanzi alla difficoltà di ricondurre in un’ottica bipolare un sistema politico storicamente molto più articolato e frammentato. Abbiamo avuto coalizioni politiche pre-elettorali che si sono rivelate buone per vincere, ma pessime per governare.

Le profonde spaccature sociali, economiche e politiche su temi fondamentali (politica estera, Unione europea, immigrazione, scuola) per la nostra democrazia vanno prese in mano con uno spirito costituente. Attardarsi ancora una volta sulla ennesima riforma della legge elettorale (sarà la quinta dal 1993!) senza questo sguardo ci porterebbe a proseguire sulla linea del signor Tafazzi, divertente al cinema, ma pericolosa per il nostro futuro.

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