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La necessità di una sorellanza

È un tempo di cambiamento, questo, nella Chiesa, sia a livello mondiale sia locale. Ci è chiesto un protagonismo diverso, ma, allo stesso tempo, certe strutture di pensiero (oltre che di potere) impediscono un confronto vero e sbilanciano le decisioni verso un “si è sempre fatto così”, sicuro e garantito, ma che annacqua (quanto meno) quello sguardo femminile che potrebbe far più bella la Chiesa.

Da qualche tempo, come Risveglio Duemila, e grazie alla collaborazione di alcune operatrici pastorali, direttrici di uffici e donne di vocazioni, aspirazioni e esperienze anche professionali diverse, abbiamo lanciato la rubrica “Donne nella nostra chiesa”: uno spazio di dialogo - così l’abbiamo pensata - per dare voce a un femminile che a volte fatica a trovarla nella società e nella Chiesa di oggi. Davvero non avrei immaginato quanto questo potesse offrire spunti e metterci in discussione, da donne che amano la Chiesa, sul nostro modo di abitarla.

È un tempo di cambiamento, questo, nella Chiesa, sia a livello mondiale sia locale. Ci è chiesto un protagonismo diverso, ma, allo stesso tempo, certe strutture di pensiero (oltre che di potere) impediscono un confronto vero e sbilanciano le decisioni verso un “si è sempre fatto così”, sicuro e garantito, ma che annacqua (quanto meno) quello sguardo femminile che potrebbe far più bella la Chiesa. Il Papa, prima di tutto, sogna una Chiesa dove le donne possano avere più voce e persegue questo sogno con nomine al femminile, cosa che da un po’ di tempo avviene anche in Diocesi. Nell’esortazione apostolica Querida Amazonia, al paragrafo 100 scrive: “Le donne danno il loro contributo alla Chiesa secondo il modo loro proprio e prolungando la forza e la tenerezza di Maria, la Madre. In questo modo non ci limitiamo a una impostazione funzionale, ma entriamo nella struttura intima della Chiesa. Così comprendiamo radicalmente perché senza le donne essa crolla, come sarebbero cadute a pezzi tante comunità dell’Amazzonia se non ci fossero state le donne, a sostenerle, a sorreggerle e a prendersene cura”.

Per non rimanere all’impostazione funzionale, ma arrivare a un cambiamento che sarebbe epocale, serve un’intelligenza di sguardo da parte di tutti. Come nella società non bastano le ‘quote rosa’, anche nella Chiesa serve una fraternità e anche una “sorellanza” diversa che permetta, prima di tutto alle donne, di riscoprire lo specifico del loro sguardo sulla chiesa e sulla società. Sembra paradossale ma, abituate a dover “essere come gli uomini” per farsi ascoltare, tante donne hanno perso parte di quello sguardo o almeno le parole per dirlo in pubblico. Da questo punto di vista, il “fare strada insieme”, come donne (confrontarsi, incontrarsi, progettarsi), permetterebbe a questa visione femminile di crescere non per occupare spazi, ma per donare alla Chiesa e alla società quella tenerezza, cura per l’uomo e attenzione agli ultimi che papa Francesco individua come il nostro specifico. Gli auguri migliori per questo 8 marzo, allora, sono per tutti, non solo per le donne: tendere l’orecchio alle voci più leggere e riscoprirsi fratelli nelle diversità, per costruire un mondo e una Chiesa in cui tutti possano trovare casa.

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