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Consacrazione femminile

Ordo virginum, cinquant’anni di vita e di lode

Grazie alle nuove tecnologie è stato possibile per le consacrate partecipare a una veglia di preghiera, presieduta da monsignor Cantoni e preparata dalla Congregazione per la vita consacrata

I l 31 maggio 1970, papa Paolo VI, mettendo in atto una raccomandazione della Sacrosanctum Concilium, promulgava il nuovo rito della Consacrazione delle vergini, in disuso ormai da secoli, dando il via alla riscoperta di quella che rimane la più antica forma di consacrazione femminile nella Chiesa, risalente all’età apostolica: l’Ordo virginum, appunto.

Da allora sono passati 50 anni e questa vocazione femminile singolare (cardinale Martini) è rifiorita con grande rigoglio in tutto il mondo, in evidente risposta a un segno dei tempi. Come si è già detto altre volte, questa consacrazione pubblica e solenne, che si riceve per mano del vescovo, non prevede i tre voti degli ordini religiosi, bensì il proposito perpetuo di verginità. Non implica neanche un abito particolare, né l’obbligo della vita comune: è una vocazione a portare Cristo nel quotidiano, in unione col cammino di fede della propria diocesi, di cui la consacrata si fa mano nella carità e voce nella preghiera, vivendo la dimensione sponsale con il Signore, indicata dall’anello che il vescovo consegna.

In previsione di questo anniversario giubilare, si era organizzato un convegno internazionale a Roma, ma la pandemia anche qui ha sconvolto ogni programma, costringendo al rinvio. Per fortuna, grazie alle nuove tecnologie, è stato possibile, domenica 31 maggio, partecipare a una veglia di preghiera, presieduta da monsignor Cantoni e preparata dalla Congregazione per la vita consacrata. Restando ognuna a casa propria o in luoghi significativi della propria diocesi.

La veglia, semplice e bella, ha alternato momenti di preghiera, brevi letture dall’Apocalisse, canti e interventi del vescovo Cantoni all’inizio e alla fine. Si sono, inoltre, letti brani di discorsi di papa san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco alle vergini consacrate.

Le parole chiave sottolineate sono state: gratitudine, coraggio, fatica nella perseveranza e lode. Gratitudine, perché ogni vocazione è un dono di Dio, che, sul momento, lascia increduli (proprio io con tutti i miei limiti e difetti?): è Dio che ci sceglie, non noi (per fortuna). Coraggio: non è una via facile (nessuna vocazione lo è), soprattutto in un mondo come quello di oggi che, insieme, enfatizza e banalizza il sesso e soprattutto rifugge da ogni impegno definitivo. Fatica nella perseveranza: l’entusiasmo iniziale può affievolirsi, la vita di solitudine e il peso delle proprie debolezze possono far nascere crisi, disorientamento e dubbi.

Questo non significa aver sbagliato strada, ma accettare la prova. Che Dio permette per farci scoprire se Lo amiamo veramente qualsiasi cosa accada. Ma la dimensione dominante è la lode, in unione con Maria, prototipo della vergine consacrata, magnificando la grandezza del Signore e anticipando la lode perenne della Gerusalemme del cielo, quando finalmente finirà l’attesa che lo Sposo venga e potremo tutti cantare il cantico della gioia eterna e dissetarci per sempre all’acqua viva dello Spirito Santo. “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni. Chi ha sete, venga. Chi vuole attinga, gratuitamente acqua dalla fonte della vita”.

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Ordo virginum, cinquant’anni di vita e di lode
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