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Si può ricostruire il Paese. Dal basso

La passione, il modo di lavorare e di rapportarsi tra imprenditori e dipendenti, un clima e una cura per i dettagli di un angolo di Sardegna che ha qualcosa da insegnare al resto del Paese.

Dalla Settimana sociale di Cagliari e dalle “buone pratiche” ricercate arriva un messaggio chiaro: la ripresa è possibile e il lavoro innovativo pure

Si può ricostruire il Paese. Dal basso

Anche questa è la Sardegna che uno non si aspetta. Non solo Costa Smeralda, turismo e disoccupazione, quindi. Ma anche “buone pratiche”, come quelle che il Comitato scientifico della Settimana sociale ha cercato per diverso tempo e poi ne ha messe in fila tante anche nell’isola dove il problema del lavoro è avvertito in maniera quasi drammatica.

A Serdiana, un paese con poco più di 2.500 abitanti, ci sono diverse cantine. Qui siamo a una trentina di chilometri da Cagliari. Prima di arrivarci ci si inoltra nel paesaggio tipico di queste parti. Sono pochissime le case, perlopiù isolate. Per il resto è quasi tutto desertico, almeno così appare a chi viene dal continente. Poche coltivazioni, poca gente intenta al lavoro, poche fabbriche, molto abbandono.

Quando si giunge nei vicoli stretti di un paesino dell’interno sardo, nessuno si aspetta di imbattersi in una realtà come quella della cantina Argiolas. Ad accoglierci c’è il giovane Antonio, laurea e specializzazioni in tasca, nipote del nonno che portava lo stesso nome e nel 1938 fondò questa attività. Il primo di una grande famiglia di gente che da qua non si è mai mossa e oggi conduce l’attività con grandi soddisfazioni aziendali e per il territorio.

Due milioni e trecentomila bottiglie in un anno non sono un’impresa da poco. Per raggiungere certi traguardi all’Argiolas lavorano in quasi cento persone, tra dipendenti e discendenti del fondatore. Suddivisi in cinque aziende agricole, sono 250 gli ettari di terreno a vigneto che servono per produrre 16 vini diversi, tra bianchi e rossi. Il “Turriga” è forse il più famoso, con una bottiglia che dopo 18-24 mesi trascorsi in barrique può arrivare a costare ben oltre 50 euro per litro.

Ma non è tanto la qualità del prodotto finale che ha colpito i cercatori di LavOro, come indicava un titolo della Settimana sociale, quanto la passione, il modo di lavorare e di rapportarsi tra imprenditori e dipendenti. Un clima e una cura per i dettagli che anche da questo angolo di Sardegna ha qualcosa da insegnare al resto del Paese. Se è possibile qui, si può realizzare anche altrove (come di certo avviene e come spesso documentiamo) è il messaggio trasmesso.

Certo, vini così pregiati non si possono vendere solo sul mercato interno, anche se lo sbocco più importante rimane la Sardegna. Sono 54 i Paesi in cui gli Argiolas esportano i propri prodotti, con la Germania, la Svizzera e gli Stati Uniti davanti a tutti. Ma poi le bottiglie che partono da Serdiana arrivano anche sulle tavole giapponesi, per la gioia di chi se ne intende di qualità.

Anche a Serdiana, e per l’ennesima volta, si è compreso che il lavoro oggi va pensato e costruito, proprio come capitò agli Argiolas negli anni ’60: formaggio o vino? “I miei pensarono – dice il giovane Antonio – che fosse più facile trattare con i contadini piuttosto che con i pastori”. Come dargli torto?

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