Psicologia quotidiana
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Chiediamoci «Perché la guerra?»

Uno scambio epistolare illuminante e straordinariamente contemporaneo tra i due grandi pensatori, capaci di parlare ancora oggi alle nostre coscienze, in un momento storico in cui torna l’orrore di una nuova guerra

Nei primi anni ‘30, il fisico Premio Nobel Albert Einstein, invitato dalla Società delle Nazioni, sceglie una domanda che gli «appare, nella presente condizione del mondo, la più urgente fra tutte quelle che si pongono alla civiltà» e la rivolge a una delle personalità più influenti del suo tempo, Sigmund Freud.

«La domanda è: c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? Vi è una possibilità di dirigere l’evoluzione psichica degli uomini in modo che diventino più capaci di resistere alle psicosi dell’odio e della distruzione?» (Einstein 1932, pag. 289-291).

Ne segue uno scambio epistolare illuminante e straordinariamente contemporaneo tra i due grandi pensatori, capaci di parlare ancora oggi alle nostre coscienze, in un momento storico in cui torna l’orrore di una nuova guerra.

Nel famoso carteggio, facendo riferimento alla sua teoria delle pulsioni, Freud risponde: «Se la propensione alla guerra è un prodotto della pulsione distruttiva, contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di questa pulsione: l’eros. Tutto ciò che fa sorgere legami emotivi fra gli uomini deve agire contro la guerra. Tutto ciò che provoca solidarietà significative tra gli uomini risveglia sentimenti comuni di questo genere, le identificazioni. Su di esse riposa in buona parte l’assetto della società umana» (1932, pag. 300).

Freud risponde sottolineando l’importanza di costruire legami emotivi. Il rapporto con l’altro rappresenta l’unica possibilità di salvarci dalla tendenza alla distruttività.

Facciamo nostre queste parole, traducendole in un'azione umanitaria, in questo momento così drammatico per il popolo ucraino.

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