10 comandamenti
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Per riflettere insieme

La temperanza

Per essere certo che tutto fosse chiaro e praticabile, alla fine del Decalogo, Dio con il nono ed il decimo comandamento: “Non desiderare la donna d’altri” e “Non desiderare la roba d’altri”, ci dà un suggerimento pratico su come comportarci per riuscire a rispettare i suoi insegnamenti

Di volta in volta, abbiamo esaminato, molto sinteticamente, le indicazioni e gli avvertimenti che Dio ci ha dato, attraverso Mosè, Gesù e la Chiesa per vivere bene ed essere felici..

Ci ha tracciato la rotta e ci dettato le Regole del gioco della vita e le Istruzioni per l’uso della libertà, tutto concentrato nei 10 Comandamenti ovvero nel Decalogo.

Per essere certo che tutto fosse chiaro e praticabile, alla fine del Decalogo, Dio con il nono ed il decimo comandamento: “Non desiderare la donna d’altri” e “Non desiderare la roba d’altri”, ci dà un suggerimento pratico su come comportarci per riuscire a rispettare i suoi insegnamenti.

Infatti, come resistere alle tentazioni di una vita sessuale ingorda e disordinata, con tante occasioni che quotidianamente ti si presentano davanti? E come fare a resistere alla tentazione di appropriarsi della roba degli altri che, magari, ne hanno tanta e tu poca o niente? E le domande potrebbero continuare per molto.

Per Dio, però, è sempre tutto molto semplice, lineare e conseguente. Se vuoi evitare di essere tentato dal compiere atti di cui poi potresti pentirti, evita di desiderare persone o cose non tue. Non metterti nelle condizioni di dovere fare fatica a resistere alla tentazione.

Ma allora è peccato anche solo desiderare? Assolutamente no! Sia per il nono che per il decimo comandamento i desideri non sono automaticamente peccato. Dio non è così severo da vietarci di apprezzare il valore della bellezza delle persone e delle cose, che fra l’altro sono opera sua. Tutt’altro.

Il desiderio, quando è buono e onesto, è fonte di energia e di progresso, perché ogni cosa fatta nasce dalla volontà di farla e di farla bene. Il desiderio di migliorare la propria condizione economica o sociale, per esempio, è un desiderio assolutamente positivo. Il problema nasce quando questo desiderio ci porta alla esagerazione, a volerlo realizzare a tutti i costi, spesso senza neppure pensare se è un desiderio onesto, oppure dannoso, per noi o per il nostro prossimo. Per evitare i rischi di un desiderio smodato ci viene in aiuto la temperanza, o anche la  moderazione.

La temperanza, infatti, è quella virtù che ci insegna ad usare i beni materiali e spirituali entro i limiti indicati da Dio. Parte integrante della temperanza è il pudore, dei sentimenti e del corpo. Il pudore dei sentimenti preserva e protegge l’intimità della persona e consiste nel rifiuto di svelare ciò che è, e deve rimanere, privato e riservato. Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore; suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa. Richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell’impegno definitivo dell’uomo e della donna fra loro.

Oltre al pudore dei sentimenti, esiste anche un pudore del corpo che insorge, per esempio, contro l’esposizione esagerata del corpo umano in funzione di una curiosità morbosa o di esasperati e immotivati fini pubblicitari, che oggi sono un luogo comune.

La odierna permissività dei costumi si basa su una erronea concezione della libertà umana. Un corretto senso del pudore, invece, aiuta a resistere alle suggestioni delle mode e alle pressioni delle ideologie dominanti. Accanto all’invito ad un corretto esercizio dei desideri, i due comandamenti ci mettono in guardia anche contro ingordigia e invidia.

Dio infatti ci raccomanda di non desiderare a tale punto le persone o le cose altrui fino a volercene appropriare anche senza averne diritto. Guai a chi è avido e ingordo. A chi pensa solo per sé, convinto che tutto gli sia dovuto e lecito. E guai anche a chi si fa dominare dall’ingiustizia o dall’invidia; quest’ultima, in particolare, produce la tristezza che si prova davanti ai beni altrui e il desiderio smodato di appropriarsene anche in maniera indebita.

L’invidioso è sempre triste, non è mai soddisfatto di quello che ha e, di conseguenza, vive male, fa vivere male chi gli sta vicino e arriva ad augurare il male al suo prossimo.

Sant’Agostino diceva: “Dall’invidia nascono l’odio, la maldicenza, la calunnia, la gioia causata dalla sventura del prossimo, e il dispiacere per la sua fortuna”.

Il Decalogo che Dio ci ha dettato ci guida verso una vita rispettosa della Sua volontà e premurosa verso il nostro prossimo , e per questo, serena e gioiosa... qui... oggi… e…  sempre.

      Provare per credere e buon cammino a tutti.

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