Dogman
La sanguinolenta vicenda del “delitto der Canaro” in Italia pare raccogliere elementi di cronaca e di leggende metropolitane. La cronaca degli anni Ottanta racconta di Pietro De Negri, criminale romano di bassa lega proprietario di una toeletta per cani, che segregò nel suo negozio, torturando e uccidendo, l’ex-amico e sodale Giancarlo Ricci, pugile amatoriale dal brutto carattere e dalle cattive abitudini.
La sanguinolenta vicenda del “delitto der Canaro” in Italia pare raccogliere elementi di cronaca e di leggende metropolitane. La cronaca degli anni Ottanta racconta di Pietro De Negri, criminale romano di bassa lega proprietario di una toeletta per cani, che segregò nel suo negozio, torturando e uccidendo, l’ex-amico e sodale Giancarlo Ricci, pugile amatoriale dal brutto carattere e dalle cattive abitudini.
Lo stesso De Negri raccontò di aver mozzato le dita e ustionato la faccia della sua vittima, insistendo su particolari assai macabri su cui è meglio soprassedere. Anche perché le indagini dimostrarono che la verità era stata arricchita: Ricci era entrato nella toeletta per animali, De Negri lo aveva colpito alla testa con una spranga di ferro e l’uomo era morto praticamente subito. Le menomazioni riscontrate sul cadavere dalla scientifica erano avvenute postmortem e non erano nemmeno lontanamente estese come i giornalisti riportavano.
Matteo Garrone raccoglie quella storia e ne tira fuori un copione desolante e splendido. Marcello (Marcello Fonte) ha un salone di bellezza per cani e una figlia, da una moglie da cui ha divorziato, che è la luce dei suoi occhi, e per cui farebbe di tutto. Vive nella periferia, in un quartiere che pare un villaggio nel quale si vogliono tutti bene e lui è benvoluto.
Purtroppo è suo amico anche Simone (Edoardo Pesce), violento e cocainomane che lo vessa, umilia e lo porta a forza sulla cattiva strada. Tutti temono Simoncino e Marcello, con la sua indifesa tenerezza, ne è la vittima preferita. La vita di Marcello inizia e finisce tra la figlia, i cani e il quartiere e Simoncino la sta mandando in pezzi...
La forza di Garrone è nella capacità di raccogliere dal sudiciume della grana la tenerezza, la dolcezza e la forza dei sentimenti migliori. Lo fa dimostrando ancora una predilezione per il nero, colore e stile perfetto per raccontare che a un posto e alle persone che vi abitano debbano corrispondere per forza certi sentimenti. Brutale al limite del razzismo? Forse, ma a patto che questa volta a Garrone si riconosca che i sentimenti indagati sono la premura, la compassione, la pietà.
L’attore non professionista Marcello Fonte è perfetto e lo sguardo di Garrone scende così in profondità da far risaltare non solo le emozioni dei protagonisti, ma le nostre: cioè quegli elementi primordiali che accomunano tutti gli uomini e li lasciano navigare in superficie, facendoci cadere nello schermo in un modo nuovo.
Dogman resta un film rigoroso che sceglie di andare in direzione opposta e contraria alle aspettative del pubblico. Un film che rifiuta qualsiasi spettacolarizzazione manifesta e nel punto di climax, invece che spingere sull’acceleratore, sceglie di rallentare come farebbe il miglior Eastwood, chiudendo poi in maniera netta e dolorosa. Splendido nel suo buio. Commovente nella sua rabbia. Unico, nel suo desiderio di essere tanti. Forse, tutti.
Diretto da: Matteo Garrone
In programmazione: Multisala Eliseo(Cesena), Uci Cinema (Savignano sul Rubicone)