Notti magiche
Film sul cinema e sulle storture di un mondo fatto di geni ampollosi, vecchi logorroici, anziani disillusi e speranze tradite. Mentre sullo sfondo l’Italia del calcio si sveglia bruscamente dal sogno.
La trama racconta di notti magiche che virano in drammi. È il 3 luglio 1990: si consuma una delle più cocenti delusioni del nostro immaginario collettivo recente. È la semifinale di Italia-Argentina del campionato mondiale di quell’anno. Zenga sbaglia il tempo dell’uscita su Caniggia che pareggia: si tratta di un errore entrato nella memoria collettiva dei calciofili, come racconta il vertiginoso scontro con Varriale a Stadio Sprint. Poi i rigori e la sconfitta.
E parte proprio da quella sequenza fatale il nuovo film di Paolo Virzì, che omaggia sin da subito la hit di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, colonna sonora di quegli infuocati giorni di calcio. La telecronaca di Bruno Pizzul risuona per le strade di Roma e racconta di quei rigori della speranza. Ecco che in quell’istante, mentre tutti sono intenti a guardare la partita e a bestemmiare, un’auto cade giù dal ponte e finisce nel fiume. Ci scappa il morto, Leandro Saponaro, produttore cinematografico con l’acqua alla gola, metaforicamente e letteralmente. Scattano le indagini e si arriva (subito) a tre giovani aspiranti sceneggiatori, finalisti del premio Solinas...
È solo il preambolo di Notti magiche, la cornice di genere che funziona da pretesto narrativo, mentre le partite dei mondiali dettano il ritmo dei giorni e delle notti, con le telecronache che si trasformano in una specie di colonna sonora. Forse è questa l’intuizione più interessante del film, la trovata che accorda il racconto a un immaginario condiviso, mentre restituisce credibilità a un’ambientazione anni ’90 che, nei fatti, si ferma alla superficie, a pochi tratti abbozzati: qualche esterno preso ‘fuori tempo’ dalla luce di Vladan Radovic, il look, i costumi… Si tratta fin dall’inizio di una operazione nostalgia che paga.
Le lacrime fanno capolino dai visi di chi quegli anni li ha vissuti, anche perché in controluce saltano fuori personaggi del cinema e non che la memoria ha salvato. Per il cinema c’è Mastroianni che piange per la Deneuve, ci sono Fellini e Benigni sul set de La voce della luna, Mario (Monicelli), Lina (Wertmuller), tanti altri personaggi riconoscibili da un dettaglio. Fino a Saponaro, l’emblema di un intero mondo.
Virzì torna ai tempi dei suoi esordi. Raccontare del periodo del declino, quanto tutti i grandi interpreti erano ormai anziani e tenevano in scacco l’industria più che fomentarla come avevano fatto in passato, quando ancora era istituzionalizzato il ruolo del ‘negro’ (cioè il ghost writer che scriveva quel che i grandi nomi firmavano). Lo sguardo di Paolo Virzì, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo ha il merito di provare affetto per quelle figure, come qualcosa che non c’è più eppure rincorre, nell’ombra e nell’alba di quelle notti. Mentre si sta facendo giorno, mentre tutto cambia. Forse con un po’ di autocompiacimento, ma lo si può perdonare.
Diretto da: Paolo Virzì
In programmazione: Uci Cinemas (Savignano sul Rubicone)