Ready player one
Dopo le due calde nomination agli Oscar con “The Post”, Steven Spielberg non si ferma e torna immediatamente alla ribalta con “Ready Player One”, una nuova avventura fantascientifica tratta dal romanzo cult omonimo di Ernest Cline. E se è un profondo conoscitore del linguaggio cinematografico come Spielberg a girarlo, si può stare certi che le cose saranno fatte in grande.
La trama: siamo nell’anno 2045. La vita sulla Terra è compromessa dall’aumento indiscriminato della popolazione e non si riescono a trovare soluzioni per l’alto livello di inquinamento che sta ghigliottinando il pianeta. Come via di fuga dalle loro vite nelle città decadenti, le persone si immergono nel mondo virtuale di “Oasis”, dove possono essere tutto ciò che vogliono.
Wade Watts, un giovane abitante di Clumbus che frequenta questa realtà virtuale, tenta di vincere le sfide create dal suo ideatore, J.D. Halliday, per raggiungere l’Easter Egg (una specie di sorpresa nascosta all’interno delle ambientazioni virtuali): il vincitore acquisirà il possesso di Oasis e l’eredità miliardaria di Halliday. Ma Wade non è il solo che aspira a vincere il gioco: la multinazionale Ioi impiega un gruppo di giocatori per risalire al tesoro prima che lo facciano Wade o altri contendenti, allo scopo di prendere il controllo del gioco...
Il punto interessante del film è la visione scoraggiata degli Stati Uniti. Come il film spiega palesemente, l’America “ha smesso di lottare per quel che importa”: è un Paese ormai strozzato in una squallida sopravvivenza, con le persone costrette in fatiscenti baracche che scimmiottano i grattacieli che l’hanno sempre contraddistinta. Perciò il rapporto si rovescia: se di solito è il virtuale a essere ambiguo e pericoloso, qui invece “Oasis” è una boccata d’ossigeno per l’intera popolazione, un luogo desiderabile e felice.
La vita all’interno del gioco è tutto quel che il giocatore desidera, le emozioni assolutamente reali, i legami che si possono stringere autentici. Come sempre la realizzazione effettuata da Spielberg è perfetta, impeccabile in ogni dettaglio, pulita. Anche la sceneggiatura del libro è resa essenzialmente bene, pur distanziandosene più volte.
L’unica cosa che stona è la resa finale dei personaggi, nelle loro relazioni ed equilibri. Ed è strano che accada, proprio perché Spielberg è maestro a indagare le sottili variazioni nei sentimenti umani. Addirittura, si potrebbe dire che funzioni meglio la realtà virtuale presentata al cinema che quella effettivamente e cinematograficamente “reale”. A meno che non si tratti di un altro espediente di Spielberg, pronto a portarci su altri lidi.
In effetti il film, abbraccia uno tsunami di citazioni, strizzatine d’occhio, cammei relativamente all’universo più amato dal regista, quello dei dorati anni ’80 e ’90, caratterizzato da film, videogiochi, board game. Anche a noi toccherà immergerci in quel mondo, allo stesso modo dei protagonisti del film. Senza dimenticare, però, che nulla è meglio dell’originale.
Diretto da: Steven Spielberg
In programmazione: Eliseo, Aladdin (Cesena), Uci Cinema (Savignano sul Rubicone)