Sono tornato
“Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti”. E la notizia è che a tornare non è un dittatore come tanti, o redivivo.
È Benito Mussolini in carne e uniforme, piovuto dal cielo nei pressi della Porta Alchemica di Piazza Vittorio, a Roma, e si ritrova ai giorni nostri, nel pieno di una metropoli multiculturale (“si vede che gli abissini hanno avuto la meglio”, pensa tra sé e sé) e nel pieno di una crisi sociopolitica che tenta di sistemare con le maniere forti.
La trama: il Duce torna nella Roma del 2017, dove tutto gli appare capovolto: l’Italia non ha conquistato l’Africa, al contrario la Capitale è invasa dagli africani. Il Duce riappare da straniero a casa sua, ma incapace di accettare la realtà dei fatti. Per questo Mussolini torna a pensare che l’Italia abbia ancora bisogno del fascismo, come un tetro don Chisciotte accompagnato dal suo Sancho Panza, Canaletti, sedicente regista appena licenziato dalla tv.
La coppia produce una campagna mediatica clamorosa, con video virali sul web e una trasmissione tv di successo, con silenzi metafisici e prediche nostalgiche, politicamente scorrette, persino verso l’uditorio: “Eravate un popolo di analfabeti. Dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti”.
La combutta generazionale è uno degli elementi più inquietanti del film, che abbonda di influencer veri seguiti da follower giovanissimi: chissà come leggeranno la pellicola...
Dopo “Benvenuti al Sud” (e al Nord), Luca Miniero decide di affrontare ancora il territorio del remake. Ma stavolta alza il tiro, prende spunto dal tedesco “Lui è tornato” di David Wnendt (2015), tratto a sua volta dal bestseller di Timur Vermes, in cui viene raccontato il ritorno di Adolf Hitler nella Germania moderna, e ipotizza lo stesso scenario cambiando dittatore e Paese d’appartenenza.
E la domanda è quanto mai interessante: se la figura di Hitler è stata universalmente ricusata, anche e soprattutto nella stessa Germania, il processo può essere il medesimo che con Mussolini? Chiaro, no: dopotutto il Duce italico è stato considerato un ‘cattivo’ minore, non scevro da errori, ma tutto sommato giustificabili, alle volte persino invocato come spesso succede in quel coacervo di pance che sono i social network.
Interessante che a finire sullo schermo non è tanto il Duce, quanto il contesto ricettivo, cioè noi, gli italiani. Si ride, e anche di gusto, e forse è la parte più inquietante. Ricorda un’anziana: “Quegli occhi non si dimenticano: anche allora la gente rideva, anche allora credevano che fosse solo un comico”.
Ma la domanda resta: se tornasse adesso, Mussolini o un ‘uomo forte’ che proponesse la sospensione dei diritti a favore di un pugno di ferro, che si farebbe? Voi che fareste? Noi che faremmo?
Oltre al protagonista (un Massimo Popolizio in stato di grazia) e a Frank Matano, fanno parte del cast anche Stefania Rocca, Gioele Dix, Eleonora Belcamino, Ariella Reggio, Massimo De Lorenzo e Giancarlo Ratti.
Diretto da: Luca Miniero
In programmazione: San Biagio, Astra (Cesena), Uci Cinema (Savignano sul Rubicone)