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Una speranza nel deserto dell’umanità

I furbetti e i furboni dei paradisi fiscali schiacciano i più poveri mentre in mare prosegue la strage di migranti, con aggiunta di insulti

Una speranza nel deserto dell’umanità

Paradise papers. È l’ultimo scandalo in ordine di tempo. Un uragano che rischia di travolgere tra i nomi più noti del pianeta. C’è perfino la regina Elisabetta del regno Unito. Si legge il nome della cantante Madonna e del finanziere George Soros. Si trova anche il ministro al commercio degli Usa, uno dell’amministrazione di Trump.

Insomma, siamo davanti al rischio di un terremoto di notevoli proporzioni, che potrebbe avere implicazioni anche in Italia, quando fra qualche giorno saranno resi noti i nomi dei nostri connazionali nel giro. Ma quel che più dispiace è che, come riferisce Avvenire nell’edizione di martedì 7 novembre, è che con questo sistema i più ricchi, i ricchissimi potremmo aggiungere, sfuggono a un fisco che rischia di impoverire i più poveri. Anzi, la redistribuzione della ricchezza che con il fisco si dovrebbe e potrebbe raggiungere, almeno in parte, in questo modo viene ancor più evitata, se non anche derisa. Alla faccia di chi ne mondo fa fatica, e sono milioni e milioni di persone, e di chi invece se la ride sulla pelle di chi arranca sempre di più.

L’evasione e l’elusione fiscale delle grandi aziende e di grandi personaggi – dice la Oxfam, la confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, come riporta il quotidiano Avvenire – sottrae ai Paesi più poveri 100 miliardi di dollari l’anno, sufficienti per mandare a scuola 124 milioni di ragazzi e salvare la vita di sei milioni di bambini.

Dal medesimo giornale di ispirazione cattolica prendo un altro articolo. Antonella Mariani commenta fin dalla prima pagina la tragedia avvenuta in mare domenica scorsa, quando nel porto di Salerno è arrivata un’imbarcazione con centinaia di migranti e 26 salme di donne, tutte giovanissime.

Ancora non si sa esattamente cosa sia accaduto, anche se si possono immaginare alcuni contorni, visti luoghi e contesti di certe traversate. Quel che ancor più intristisce, scrive la Mariani, è che “i codardi senza cuore”, invece di zittirsi nell’unico gesto degno, il segno di croce, hanno invece postato “commenti impietosi” sui siti online dei giornali che davano notizia della tragedia.

Decine di post del tipo “se ne devono andare” e “ci rubano il lavoro”, per non dire di quelli che invitavano ad andare sul marciapiedi.

Gli egoismi, mi pare di poter dire, non hanno età né frontiera. Appartengono a ogni ceto e condizione sociale. Da una parte c’è chi fa il furbo e schiaccia sempre di più chi è indietro; dall’altra c’è la lotta tra poveri, o presunti tali almeno in parte, che dice di un senso di umanità che si va svilendo e imbarbarendo e pare prendere maggior abbrivio grazie alle possibilità concesse dalla rete.

In questo deserto di umanità, uno spiraglio si apre. Cito sempre Antonella Mariani che così chiude il suo pezzo: “Ieri (lunedì, ndr) alcuni Comuni del salernitano, oltre al capoluogo, hanno dato disponibilità ad accogliere nei propri cimiteri” queste 26 vittime del grande esodo africano. “E vorremmo che almeno lì ciascuna di loro riavesse, se non il proprio, almeno un nome. E non un freddo numero da 1 a 26”.

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