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Lutto nel mondo del calcio

È morto l'allenatore Emiliano Mondonico. A Tv2000 disse: “Per aiutare gli altri bisogna frequentarli ma senza andare in giro per il mondo, basta farlo sul pianerottolo di casa”

È morto questa mattina all'alba Emiliano Mondonico, già allenatore di Atalanta e Torino

Foto agensir.it

“Il pallone è sempre stato mio amico. Vivevo in una trattoria in riva al fiume lontano dal paese e i miei genitori erano obbligati a servire i clienti. Io ragazzino prendevo il pallone sotto braccio con i miei 10-15 cagnolini e andavo in mezzo al bosco, dove le piante erano gli avversari e le driblavo con il pallone”. Così Emiliano Mondonico, classe 1947, morto all’alba di oggi nella sua casa di Milano, su Tv2000 ospite di Sport2000, il programma sportivo condotto da Giampiero Spirito, in una delle sue ultime interviste televisive raccontava la sua passione per il calcio ricordando che “Cremona è stato calcisticamente il mio primo amore”. “Quando non ce la facevo più – continuava Mondonico – mi addormentavo, i cagnolini andavano a casa e veniva mia madre con i cagnolini a portarmi a casa. Il pallone è stato sempre al centro della mia vita”. “Dentro di me – proseguiva Mondonico – avevo la grande aspirazione di giocare in serie A perchè per me era il massimo per chi amava il pallone e il calcio. Sono poi arrivato a giocare in Serie A ma immaturo come non mai. E invece di dire ‘adesso si comincia’ nella mia testa c’era il pensiero di aver raggiunto quello che avevo cercato per tutta la vita. Da lì non sono riuscito a portare avanti il mio discorso col calcio a livello professionale”.

“Avevo un grandissimo rapporto con la mia famiglia – sottolineava Mondonico – ma soprattutto c’era un grandissimo rapporto con la mia ragazza Carla conosciuta io in seconda media, lei in quinta elementare che poi ho sposato a 27 anni. E la cosa più bella, oltre il pallone, che ho avuto in quegli anni è stato proprio questo amore per questa ragazzina”.
E infine l’attenzione di Mondonico verso gli altri: “La vita con me è stata benevola: io innamorato del pallone sono riuscito ad arrivare in serie A, ho fatto l’allenatore e ho avuto tantissime esperienze positive e negative. Mi sono dunque sentito in dovere di aiutare gli altri. Fino ad una certa età pensavo che per aiutare gli altri bastava mettere a Natale 100 euro nella busta e consegnarla. Poi mi sono accorto che per aiutare gli altri bisogna frequentarli ma senza andare in giro per il mondo, basta farlo sul pianerottolo di casa. Vicino a te c’è sempre qualcuno che ha bisogno. Nel calcio quando fai gol è il momento più bello, per tanti giovani in difficoltà fare gol significa alzarsi la mattina non pensare alle dipendenze ma solo alla vita che ti aspetta”.

Fonte: Sir
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