Domenica 19 ottobre – 29esima domenica Tempo Ordinario – Anno C

LA BELLEZZA DELLA PAROLA PURIFICA IL NOSTRO CUORE

Es 17,8-13; Salmo 120; 2Tm 3,14 – 4,2; Lc 18,1-8

Il giudice della parabola di domenica 19 ottobre non è Dio, ma il mondo insensibile alle legittime richieste della vedova; vedova che è la sposa di Cristo, la Chiesa.

Luca scrive il suo Vangelo quando le comunità cristiane nascenti sono travolte dalla follia dell’Imperatore che chiede di essere venerato come un Dio. Sono sconfortate e scoraggiate. Gesù dice a loro e a noi: continuate a pregare, tenete legato il filo che vi unisce all’interiorità. Tanto più il mondo sbraita e si agita, tanto più siamo chiamati a dimorare, a insistere, a tenere duro. Non per convincere Dio, ma per convertire il nostro cuore.

Insistere per purificare il nostro cuore e scoprire che Dio non è un giudice, né giusto né ingiusto, ma un padre tenerissimo. Insistere per vedere nel mondo il cuore di Dio che pulsa. E se questi tempi cupi ci fossero donati per tornare all’essenziale? Per scrollare dal nostro cristianesimo sociale le incrostazioni che lo appesantiscono? Pregare è entrare nel proprio spazio sacro, intimo e inviolabile. E lasciare che sia la Parola a illuminarne l’intelligenza e l’emozione.

Spesso la preghiera è fatica, impegno, lavoro. Non è facile fare spazio in noi stessi, ritagliarsi un tempo quotidiano di ascolto. Ma quando scopriamo la bellezza della Parola, la sua attualità, la sua forza, allora ne restiamo affascinati.

Impariamo a pregare, da soli, in comunità, nella grande preghiera che è la Liturgia. La preghiera è il santuario in cui scopriamo il vero volto di Dio, il luogo dove l’anima incontra la nostra vita frammentata e sconclusionata.

Conservare e coltivare una vita interiore in questo tempo feroce, ha un che di eroico. Non è scontata la fede. Né la presenza di noi cristiani. Allora Gesù, dopo avere raccomandato di insistere, di tenere duro, di praticare e chiedere la giustizia, ammonisce: quando tornerà ci sarà ancora la fede sulla terra? Non dice: «Ci sarà ancora un’organizzazione ecclesiale? Una vita etica derivante dal cristianesimo? Delle belle e buone opere sociali?». Non chiede: «La gente andrà a Messa, i cristiani saranno ancora visibili, professeranno i valori del Vangelo?». La fede chiede il Signore. Non l’efficacia, non l’organizzazione, non la coerenza, non la struttura. Tutte cose essenziali. Se portano e coltivano la fede. Ma inutili e pericolose, se autoreferenziali, se auto-celebrative.