Più tecnologia e più umanità. Il paradosso dell’IA nella scuola

Immagine generata con Gemini

Notizie sul fronte della scuola. Secondo una ricerca condotta da EY e Sanoma, presentata all’inizio di novembre, entro i prossimi dieci anni oltre il 60per cento delle competenze degli insegnanti italiani dovrà essere ridefinito a causa dell’impatto dell’Intelligenza artificiale (IA) sulle metodologie didattiche.

Solo il 36 per cento del bagaglio attuale di competenze dei docenti sarà da loro ancora spendibile in aula: soprattutto quelle che riguardano la gestione della classe e la conoscenza della propria materia.

Sul versante delle tecnologie digitali, invece, gli insegnanti saranno i primi a dover andare a scuola.

I cambiamenti maggiormente legati alla diffusione dell’IA toccano aspetti quali la personalizzazione didattica, ovvero la possibilità di costruire percorsi a misura delle caratteristiche dei singoli allievi, l’analisi e la produzione di testi (con assistenti virtuali alla scrittura che affiancheranno i ragazzi), l’interazione diretta tra pari, mediata dalle piattaforme digitali.

Anche il ruolo dei docenti di sostegno sarà ridisegnato: verrà chiesto loro di svolgere un ruolo di maggiore collegamento tra studenti, tecnologie e famiglie.

Se alcune funzioni oggi rivestite dagli insegnanti verranno demandate alle macchine, cosa resterà a maestri e professori? La loro figura scomparirà?

Su questo punto la ricerca offre elementi confortanti: non solo dovrà rafforzarsi la comunità educativa, ma agli insegnanti resterà più tempo per dedicarsi alla cura degli aspetti umani e relazionali della scuola.

In un ambiente sempre più digitalizzato e multimediale, saranno ancora più importanti competenze quali la capacità di ascolto e l’empatia.

«La scuola – si legge in uno dei commenti apparsi sulla stampa – non sta per essere sostituita dalle macchine, ma per essere ricentrata sulle persone».

L’insegnante sarà chiamato ad essere un «architetto di percorsi cognitivi e affettivi» più che un tecnico dei contenuti.

Dovrà soprattutto dare significato e direzione al sapere, al lavoro individuale e di classe. Questo dato del 60 per cento di nuove competenze richieste, dunque, «non è una minaccia ma un’opportunità. Perché fotografa una transizione inevitabile: la conoscenza, oggi, non è più solo trasmissione di informazioni, ma costruzione di senso». L’ulteriore diffusione della tecnologia – conclude l’analisi – costringerà l’insegnante «a diventare più umano».

Lo speriamo tutti, ma non ci sfugge un particolare: l’articolo che abbiamo citato tra virgolette è stato scritto dall’Intelligenza artificiale.