Si invecchia come si è vissuti

La posizione dell’anziano nella società è mutata nel tempo. A seconda delle epoche e delle condizioni economiche, egli è stato talvolta figura centrale e rispettata, talvolta emarginato perché ritenuto improduttivo.

Nelle società contemporanee, dominate da ideali di successo, efficienza e perfezione narcisistica, la vecchiaia fatica a trovare una collocazione.

Il corpo declina, le energie diminuiscono, la salute vacilla: sono perdite reali, che richiedono un lavoro interno complesso, analogo all’elaborazione di un lutto.

La possibilità di affrontare questo passaggio dipende in parte dalla storia personale.

Gli individui che hanno saputo attraversare e integrare nel corso della vita precedenti esperienze di separazione e frustrazione sono generalmente più attrezzati ad affrontare il limite imposto dall’età. Come suggeriva lo psicoanalista De Ajuriaguerra: «si invecchia come si è vissuti».

Al contrario, quando la perdita non viene elaborata, l’anziano può difendersi attraverso la negazione, che assume forme euforiche, illusioni di onnipotenza o movimenti di fuga in avanti. Questi meccanismi, tuttavia, diventano fragili nel tempo e il loro cedimento può aprire la strada a stati depressivi anche gravi, soprattutto quando l’Io perde la capacità di sostenere tali difese. Invecchiare con equilibrio significa dunque riconoscere e dare forma al dolore del declino, raggiungere una matura accettazione dei propri limiti e, allo stesso tempo, conservare la possibilità di progettare, di desiderare e di orientarsi verso il futuro.

La vecchiaia non è solo perdita, ma anche una nuova occasione di libertà: la libertà di ridefinire sé stessi nel tempo che rimane, trovando un modo autentico e possibile di continuare a vivere.