Mercati in picchiata: shock in Asia all’apertura delle Borse

Dopo un tranquillo weekend di paura, Tokyo perde oltre l’8%, Seul il 5%, Hong Kong e Taipei affondano: -10%. L’effetto domino si propaga in fretta. E Trump rilancia: "Se l'Europa vuole parlare con noi, deve prima pagare"

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Dopo un weekend di riflessione, ecco il lunedì nero delle Borse asiatiche. Il nero è ormai il colore dei mercati, dopo l’annuncio dei dazi universali di Trump della scorsa settimana. In apertura Tokyo perde oltre l’8%, Seul il 5%, mentre Hong Kong e Taipei affondano attorno al 10%. L’effetto domino si propaga in fretta, innescando timori sempre più concreti di una recessione globale autoindotta.

L’allarme degli analisti

Nel fine settimana, analisti e osservatori avevano lanciato l’allarme: l’Asia è il ventre molle del conflitto tariffario tra Stati Uniti e Cina. Il motivo è semplice – le economie della regione, dal Giappone alla Corea del Sud, dipendono dai giganti. Trump non s’è fatto attendere e dall’Air Force One ha ribadito l’intenzione di mantenere le tariffe “finché gli altri non pagheranno un sacco di soldi”, minimizzando le conseguenze inflazionistiche: “Non credo che l’inflazione sarà un grosso problema”.

Svendita generale immediata


Ma il mercato non gli ha creduto. Alla riapertura delle contrattazioni, è stata svendita generale immediata. Il settore tech è stato il più colpito: Taiwan Semiconductor, primo produttore mondiale di chip, ha perso quasi il 10%. Male anche Foxconn, fornitore chiave di Apple. In picchiata Alibaba, Tencent, Xiaomi. Samsung ha ceduto il 4%, Nintendo ha oscillato tra il -5% e un picco di -10% all’apertura.

I futures sull’S&P 500, termometro anticipatore di Wall Street, hanno segnato -4% già domenica notte. In discesa anche le materie prime: petrolio giù del 3%, rame -5%, altro segnale che il rallentamento potrebbe farsi strutturale. L’S&P 500 è a -17,4% dai massimi di febbraio, a un passo dal mercato ribassista. Il Nasdaq, gonfio di titoli tech, è già in bear market (-23% dal picco di dicembre). Peggio fa il Russell 2000, che traccia le piccole imprese: -25% da novembre.

Alla base della crisi non un virus o un collasso bancario ma la politica economica della Casa Bianca


Stavolta però non c’è la pandemia, un virus, né un collasso bancario a scatenare la crisi. C’è la politica economica della Casa Bianca. Preston Caldwell, economista di Morningstar, parla apertamente di “catastrofe autoinflitta“. I segnali arrivano anche dal fronte delle imprese: aumento dei prezzi annunciato per cibo, abbigliamento e beni di largo consumo. Le aziende automobilistiche iniziano a tagliare la produzione e i posti di lavoro. I consumatori frenano, e le banche alzano le probabilità di recessione nei prossimi 12 mesi.

Nel frattempo, le chiamate alla de-escalation si moltiplicano. L’hedge fund manager Bill Ackman ha chiesto a Trump un “time out” di 90 giorni, evocando un “inverno nucleare economico”. Dal Regno Unito, il premier Keir Starmer ha dichiarato: “Il mondo come lo conoscevamo è finito. Evitiamo una guerra commerciale su vasta scala”. E Trump sorride: “I Paesi colpiti fanno la fila per parlare con noi”.

fonte: DIRE
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