Funerali Astori: cardinale Betori, “non chiedetemi ragioni per capire. Posso solo piangere con voi”

“Il modo improvviso e crudele con cui il capitano ci è stato tolto, ci rinvia alla nostra povertà di creature, che non dispongono di tutto ma che le cose essenziali le ricevono, a cominciare dalla più essenziale, la vita. Una morte, quella di Davide, che ci richiama a maggiore umiltà, a tanta gratitudine, a quel senso del limite che spesso manca in questo tempo di superbia”. Lo ha detto ieri mattina l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, presiedendo nella basilica di Santa Croce i funerali di Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto nelle notte tra sabato e domenica scorsi per un malore.Della morte – ha osservato Betori – non abbiamo spiegazioni da offrire, che possano servire a consolare. Restiamo con il nostro dolore, soprattutto quando la morte ci toglie una persona che amiamo, un amico”. “È toccato a noi in questi giorni, per Davide Astori”, ha aggiunto il cardinale che, all’inizio dell’omelia così si è espresso: “Non chiedetemi ragioni per capire, argomenti per giustificare, motivi per essere consolati. Posso solo piangere con voi. E offrirvi qualche motivo per pensare”. “Nel fare memoria del capitano – ha rilevato l’arcivescovo – molti hanno ricordato la sua umiltà, il senso di responsabilità, la semplicità e la modestia che lo rendevano a tutti così caro”.

“La sua vita spezzata da un male misterioso richiami tutti noi a prenderci cura della vita degli altri, soprattutto dei più deboli e dei più miseri” – ha aggiunto il cardinale -. “Mentre contempliamo la fragilità della vita ne scorgiamo anche la grandezza e lo splendore, quella preziosità che la fa tanto rimpiangere quando viene meno. E anche sulla bellezza della vita c’è un messaggio importante che la morte di Davide Astori lascia a tutti noi”, ha proseguito Betori. “Non sempre e non dappertutto – ha ammonito – la vita è riconosciuta nel suo valore. C’è chi la mette in pericolo con modelli di comportamento nocivi, e chi minaccia la vita degli altri o non ne rispetta la dignità. Abbiamo scoperto in questi giorni, con ammirazione, l’impegno del capitano per i bambini malati nel nostro ospedale Meyer e in Paesi lontani”, ha ricordato il cardinale, sottolineando che “non meno significativa è stata la testimonianza di suoi compagni più giovani, che nella squadra si sono sentiti da lui accolti, indirizzati, sorretti”. Anche per questo, l’arcivescovo ha riconosciuto che “Davide Astori è stato un importante uomo di sport”, in un mondo, quello della pratica sportiva in cui c’è “chi la vuole illusoria fabbrica di idoli e chi ne vede solo le potenzialità economiche. La scomparsa di Davide – ha sottolineato – ha raccolto tante attestazioni da parte di chi gli era vicino proprio a riguardo della ricchezza di valori che egli incarnava con spontaneità e verità. Essergli grati, significa esserne eredi, con consapevolezza e semplicità”.

“Siamo in tanti qui e in questi giorni attorno al ricordo di Davide. Sento il dovere, per questo, di dire a Francesca e ai genitori e fratelli che tanto affetto non vuole togliere nulla al loro dolore, che resta unico e che come tale, incommensurabile, riconosciamo. La nostra presenza, semmai, vorrebbe sostenerlo un po’ il loro dolore, per quel che può riuscire a fare una vicinanza che non può mai essere una sostituzione”, ha proseguito il cardinale Betori. “Questa coralità grande – che racchiude famiglia, squadra, mondo dello sport e tutta una città – rivela anche che una persona è più ancora che le sue qualità, le sue doti: è anche la ricchezza delle relazioni che ha saputo costruire attorno a sé. Questo affetto e questa sofferenza corali – ha aggiunto – ci dicono di Davide la saldezza dei suoi legami familiari; la profondità dell’amore e del progetto di vita che lo ha legato per sempre a Francesca e, grazie a lei, la tenerezza del suo affetto paterno per la piccola Vittoria; il suo impegno come uomo di sport nelle squadre in cui è stato protagonista sui campi da calcio d’Italia e prima ancora nel tessere legami aperti, leali, costruttivi con i compagni, per trovare poi quel ruolo di capitano nella Viola che lo consacra per sempre alla storia di questa società; infine, il suo inserimento in questa nostra città di Firenze, che lo riconosce oggi come uno dei suoi, un fiorentino, da sempre e per sempre”. Dopo aver evidenziato l’importanza di relazioni e legami, l’arcivescovo ha rilevato che “nella vita, come sui campi da calcio, si gioca in squadra: nessuno può fare a meno degli altri o può smettere di pensare agli altri. Se oggi siamo qui in tanti a piangere che Davide non è più tra noi, è perché egli si è legato a tutti noi, si è compromesso con noi, incrociando le nostre storie e spendendo la sua vita per noi, nelle diverse forme dei rapporti che egli ha costruito attorno a sé. Se tanta è la sofferenza, è perché veri sono stati – e sono, anche oltre la morte – questi legami”.