Cesena
Il sindaco e la Giunta di Cesena “chiamano Roma”
Tanti i temi affrontati al confronto pubblico di ieri sera con la stampa. Tutti declinati su quel si fa a livello locale a differenza del nazionale
Cosa sta facendo Cesena e cosa (non) sta facendo Roma. Questo è il battagliero assunto della serata di ieri alla festa dell’Unità di Cesena, dove il tradizionale incontro estivo tra Giunta comunale e giornalisti della stampa locale ha visto il sindaco Enzo Lattuca e la sua squadra caricare a testa bassa il Governo Meloni.
«Per ottenere attenzione dal Governo post alluvione – ha spiegato il primo cittadino in avvio di serata – abbiamo avuto necessità di alzare la voce. Ora non ci limitiamo ad alzare gli argini, alziamo l’asticella».
Ogni assessore ha trattato un tema di attualità, con il sindaco impegnato a legare tutti gli argomenti secondo il filo rosso (è proprio il caso di dirlo) di un livello nazionale sordo alle istanze dei territori locali dai quali, al contrario, potrebbe prendere esempio.
Sicurezza urbana
L’assessore Luca Ferrini ha ribadito come la sicurezza sia un bene comune «i primi a soffrire l’insicurezza sono le persone che hanno meno strumenti per difendersi», ma i provvedimenti del Governo a suo avviso non vanno nella giusta direzione: «abbiamo letto dichiarazioni roboanti sui decreti sicurezza. Si tratta di norme scritte con i piedi, non è un caso che ad appena due mesi dall’entrata in vigore siano già all’attenzione alla Corte costituzionale. E trattano di rave party, limiti alle manifestazioni… cose inutili di fronte ai veri problemi».
Sulle cosiddette baby gang, Ferrini ha detto che «si tratta di un tipo particolare di piccola delinquenza, alcune frange giovanili hanno comportamenti particolari. Ma non si può risolvere con degli spot, bisogna andare alla fonte del problema».
L’Amministrazione ha investito in nuovi agenti per la Polizia locale: «Negli ultimi anni abbiamo assunti giovani under 30 di ottimo livello, rinnovando per un terzo l’organico. Abbiamo un problema però: poco dopo essere diventati co-capoluogo il ministero ha minacciato di chiudere la centrale operativa del commissariato di Cesena il quale, per di più, ha un organico sottodimensionato rispetto a Forlì. Un’ipotesi assurda».
Sul tema il sindaco ha ricordato che «il nuovo commissariato sul lungo fiume è quasi pronto e ha già una sala operativa predisposta. Abbiamo tenuto 12 riunioni per portare in quel posto la fibra ottica, collegando la futura sala operativa alle nostre 500 telecamere di sorveglianza. Ci sarà una mobilitazione massima, assieme ai servitori dello Stato, contro l’ipotesi che resti una sola sala operativa a Forlì».
Non sono mancate le stilettate sull’area stazione: «siamo impegnati in una grande opera di riqualificazione del comparto – ha aggiunto Lattuca – ma vogliamo che la Polfer sia presente anche a Cesena. Siamo la più grande città italiana priva di un posto di Polizia ferroviaria, i 10 agenti presenti in provincia non possono stare solo a Forlì».
Disabilità
L’assessora al welfare Carmelina Labruzzo ha esordito ricordando la gioia, un anno fa, nell’apprendere che il territorio di Forlì-Cesena era stato designato “provincia sperimentale per il progetto di vita” ai sensi della riforma sulla disabilità, una rivoluzione che mette al centro il disabile, i suoi bisogni e le sue aspettative. «Abbiamo aspettato tanto il decreto attuativo, ora Cesena fa scuola a tutta la provincia, dall’Inps al terzo settore. Siamo pronti ad attuare progetti di vita per le persone con disabilità. Ma le risorse non bastano: ci sono 166mila euro per tutta la provincia, 44mila euro circa per Cesena. Ed i percorsi sono costosi, basti pensare che all’Enaip il costo annuale è di 55mila euro a persona. Noi abbiamo 662 persone in carico ai servizi e altre potrebbero arrivare. Abbiamo una macchina da corsa, quello che chiediamo a Roma è di darci benzina per correre».
Il sindaco Lattuca ha rincarato la dose sul Fondo non autosufficienza: «Quello regionale è aumentato di 82,2 milioni di euro, arrivando a oltre 564 milioni per l’assistenza domiciliare, le strutture residenziali e i servizi sociosanitari per anziani e persone con disabilità. E quello nazionale, voluto a suo tempo dal Governo Prodi, rimane così? Il Governo dovrebbe aumentarlo come lo ha aumentato l’Emilia-Romagna».
Risorse economiche
Il tema è quello delle risorse economiche, una coperta sempre troppo corta. Talmente corta che a rimetterci sono gli enti pubblici più vicini ai cittadini, quelli locali, come ha ricordato l’assessore al bilancio Camillo Acerbi: «I Comuni con i conti a posto hanno replicato per anni i bilanci precedenti. Ma il meccanismo si è rotto per diverse circostanze, a partire dall’inflazione (quella cumulata negli ultimi anni è del 20 per cento circa) che ha grosso impatto sui bilanci. Abbiamo tagliato attività che volevamo fare destinando altrove l’avanzo di gestione. Per questo nell’ultimo bilancio, dopo 15 anni, abbiamo ritoccato le tariffe e le addizionali. Aumenti calibrati sui redditi, escludendo quelli più bassi, con un incremento medio dell’addizionale di 20 euro e dei buoni scuola di 80 centesimi (una decina di euro al mese a bambino). Manteniamo comunque una pressione fiscale tra le più basse in Italia».
La colpa però non è solo dell’inflazione: «Si è parlato troppo poco di uno dei motivi che ha portato a questo – ha aggiunto Acerbi –: lo Stato ha chiesto indietro una quota del Fsc (somme che vengono date ai Comuni per servizi che svolgono), pari a 700mila euro. Non era mai avvenuto nella storia repubblicana e tutti i Comuni, di ogni orientamento politico, hanno protestato. Se il Governo vuole salvaguardare i servizi locali deve fornire ai Comuni le risorse».
Cultura
Il sindaco ha ricordato come Acerbi abbia anche la delega alla Cultura: «Non abbiamo tempo di affrontare l’argomento, ma vorrei citare i casi del teatro della Pergola a Firenze e il festival di Santarcangelo, penalizzati in graduatoria e con meno risorse a disposizione. Non ho prove, ma il mio sospetto è che i tagli siano destinati a chi la pensa diversamente. Non è una buona aria».
Cambio d’uso immobili
L’assessora Cristina Mazzoni ha trattato un tema tecnico ma dai risvolti concreti: «Il cosiddetto decreto salva casa, approvato a gennaio con linee guide interpretative, doveva semplificare piccoli problemi e difformità. Ma in Emilia-Romagna molti degli strumenti introdotti dal decreto esistevano già da 20 anni. Dunque, a livello locale, ha solo complicato i procedimenti e le interpretazioni del testo unico dell’edilizia».
Il decreto prevedeva poi una grande apertura sui cambi d’uso degli immobili: «il carico urbanistico poteva aumentare senza garantire i servizi, tutte le dotazioni nell’area sarebbero state a carico dei Comuni. In questo modo però una legge edilizia ha sconfinato in materia urbanistica, di competenza primaria dei Comuni. Questo aspetto, che avrebbe inciso molto sui bilanci degli enti locali, è stato bocciato di fronte al Tar».
Centro storico
L’assessore Lorenzo Plumari ha ricordato come, ad eccezione delle grandi città turistiche, il commercio sia in sofferenza ovunque, nei centri storici e nelle frazioni. «Portando avanti un lavoro biennale avviato dall’assessore Ferrini, lo scorso anno ci siamo dotati di regole e tempistiche certe per le attività in centro: “l’abaco”. Con questo, per fare un esempio, le concessioni per i dehors non sarebbero più annuali ma della durata di cinque anni. Purtroppo non possiamo ancora attivarlo dato che il Governo, in attesa della riforma del settore, sta continuando a concedere proroghe alle deroghe concesse in tempi di Covid».
«È anche il motivo – ha aggiunto in modo caustico il sindaco – per cui di fronte alla Malatestiana troviamo impilate delle sedie di plastica Sammontana, un’estetica che non ha nulla a che vedere col centro storico. Possono farlo grazie alle deroghe nazionali».
Plumari ha poi auspicato il superamento a livello nazionale dei bandi spot per i centri storici, con soluzioni diverse: «Servono misure strutturali, come il ritorno della cedolare secca, con risorse dedicate».
Pari opportunità
Giorgia Macrelli, assessora alle Pari opportunità, ha criticato «il piano del Governo sulla violenza di genere, che toglie autonomia alle donne e non ha tenuto conto delle persone e delle operatrici dei centri antiviolenza. La Rete nazionale dei centri antiviolenza si sta mobilitando contro di esso. A livello locale, a breve apriremo nuove case rifugio. E chiederemo finanziamenti per un problema che è strutturale, frutto di un patriarcato che colpisce tutti, anche gli uomini. Per andare alla radice del problema serve più cultura, un’educazione sessuale e affettiva nelle scuole e a tutti i livelli, un’educazione trasversale e senza necessità del consenso dei genitori. Bisogna poi ascoltare i bisogni dei giovani, senza gridare subito alle baby gang».
L’appello finale di Macrelli è stato al Governo che «dovrebbe preparare alla Pace e costruire la Pace, così come facciamo noi a livello locale con il Centro pace e tante iniziative».
Mondo della scuola
Quella di Elena Baredi, assessora alla scuola, è stata una dichiarazione d’amore alla scuola pubblica: «luogo inclusivo che prepara i cittadini di domani. E che ha bisogno di finanziamenti. Se si tolgono dal totale i contributi per i costi di luce e riscaldamento, negli ultimi anni i finanziamenti alla scuola sono sempre diminuiti».
A Cesena ci sono circa 800 bambini ai nidi, migliaia alla materna e 4mila alla primaria. Tra gli studenti cesenati, 242 hanno una disabilità: «Il Comune fornisce 92mila ore di sostegno l’anno, con risorse per 2,4 milioni di euro, per sopperire alle carenze dello Stato».
Nei nidi «Un bambino costa 6mila euro l’anno e il Governo ci rimborsa 420 euro. E lo stato non solo non aumenta le risorse, ma le chiede indietro: se chiudessimo, cosa accadrebbe alle famiglie?». Il Comune contribuisce anche per servizi rivolti ai ragazzi delle superiori: «Da qualche tempo sono stati istituiti gli sportelli psicologici. Ma chi paga la metà del costo degli psicologi? Il Comune di Cesena, con 60mila euro l’anno».
Il sindaco ha poi ricordato come a settembre apriranno nuove scuole, con sezioni di nido, a Villachiaviche, San Vittore e all’Osservanza.
Lavori pubblici
Il vicesindaco Christian Castorri è intervenuto sui lavori pubblici: «Le opere pubbliche non mentono, che si parli di annunci o fasi di cantiere. Bisogna andare indietro di decenni per trovare una quantità di interventi come quelli progettati dal 2022 in poi: nuovi asili nido, nuovi impianti sportivi, rinnovata zona stazione e molto altro. Non annunciamo i bandi a cui partecipiamo, aspettiamo di avere i finanziamenti nei bilanci. E abbiamo una cura maniacale nel rispettare le scadenze del Pnrr».
La “chiamata a Roma” di Castorri è sul lotto Zero della Secante: «Nel marzo 2024 il sottosegretario Bignami disse di aver incaricato Anas, dicendo loro di fare presto. Non ne sappiamo ancora nulla. Siamo anche pronti a compartecipare alle spese per le rotonde di collegamento».
Destino differente sembra avere la circonvallazione di Calabrina, pensata per sgravare non solo la Cervese ma l’ingresso dell’A14 e l’area del futuro nuovo Bufalini: «I lavori inizieranno entro due anni. Abbiamo le risorse».
In chiusura, il vicesindaco ha ricordato come «passati i grandi cantieri, le grandi opere, dovremo tornare ad alzare sempre di più l’asticella delle manutenzioni ordinarie: asfaltatura strade e verde pubblico».
Emergenza casa
I giornalisti presenti hanno sollecitato gli amministratori sul tema della casa. Un collega ha definito il cantiere del Quartiere Novello «ormai un rudere, altro che risposta all’emergenza abitativa». In quel caso il sindaco Lattuca ha replicato citando i costi di costruzione aumentati a causa dell’inflazione: «Il Novello non è e non diventerà un rudere. Anche senza aiuti, a costo di rivedere il business plan con meno appartamenti, lo porteremo a termine. Con un po’ di ritardo ma ce la faremo». Il Comune nell’operazione ha concesso il terreno ma non ha investito risorse. Le difficoltà sarebbero legate al fatto che il Fondo che realizza l’intervento ha come socio di maggioranza Cassa depositi e prestiti: «Mette sul piatto 40 milioni di euro che riprenderà dopo 30 anni senza interessi». Già così si tratta di un’operazione in perdita per la partecipata pubblica, sulla quale i rialzi delle materie prime incidono ogni volta in maniera più acuta, con fermi e riavvii del cantiere a più riprese.
Il primo cittadino ha ricordato come l’emergenza casa tocchi tutti i Comuni: «anche Fermo, piccolo capoluogo nelle Marche, lo indica come primo problema. Qui a Cesena diamo lavoro ma non riusciamo a dare la casa. Si chiedono 800-900 euro per 2 camere da letto, cucina e soggiorno». E anche in questo caso Lattuca invoca provvedimenti a livello statale: «Dopo aver dato bonus edilizi a tutti, nessuno ha pensato a dare non dico il 110 per cento, ma un 10 o 15 per cento per l’edilizia sociale».
L’assessora Mazzoni, sollecitata in merito, ha confermato l’interesse del Comune nel realizzare uno studentato nell’area ex officine Battistini, una proposta dei privati al posto del fallimentare e incompleto quartiere “Parco Europa”.
«Serve una strategia nazionale ed europea per la casa – ha ribadito il sindaco – con fondi pubblici o a gestione parapubblica per dare case a lavoratori, famiglie, studenti. Io abito in un condominio Ina Casa, immobili costruiti con una grossa partecipazione pubblica negli anni ‘50 e ‘60. Frutto di una politica che si diede una direzione. Oggi abbiamo una demografia piatta: un migliaio di morti l’anno, 500 nati, 500 trasferiti. Ma non si trovano alloggi. Bisogna agire sulla leva fiscale. Pensiamo alla liberista Olanda, dove se uno tiene la casa sfitta per uno o due anni si trova salassato di tasse».
La Giunta tende a escludere invece la costruzione di case a basso costo o prefabbricati, come paventato da qualche cittadino: «Non penso che la soluzione sia creare delle baraccopoli in un terreno agricolo, come in un post terremoto. Oggi, anche azzerando i costi del terreno, per fare tre appartamenti a norma (antisismica in primis) serve un milione di euro. Semmai si può immaginare di intervenire sul patrimonio esistente, acquistando appartamenti in vendita da convertire in Erp. Noi diamo comunque dei contributi all’affitto a chi è in lista di attesa per le case popolari. E a livello locale abbiamo portato praticamente a zero gli immobili di case popolari non assegnabili per mancanza di manutenzioni. Tanto è vero che ora che arrivano risorse regionali per le ristrutturazioni noi, a differenza di Forlì, praticamente non le useremo».
La verità però è che il tema casa tocca molto alcuni cittadini, ma poco i politici: «Le elezioni in passato si sono decise sulla prima casa (pensiamo all’abolizione dell’Imu) perché quasi tutti quelli che votano sono proprietari di immobili. Il tema non tocca gli elettori, tranne quando i figli vanno in un’altra città e non trovano casa. Siamo ben consci del problema e aperti a ogni genere di proposta».
Anche su questo Lattuca, in chiusura, ha sferzato l’esecutivo: «Un governo che naviga a vista… ma con l’ancora ben piantata a terra» la sua chiusura.