Cesenatico
Cesenatico, funerali di Manuel Budini. Don Gian Piero: «La sua vita è un dono»
Celebrazione a Santa Maria Goretti per il 16enne morto a seguito di un incidente in scooter a Ponte Ospedaletto di Longiano
«C’è chi dice che l’unica cosa evidente e innegabile della vita è che si muore. Ma noi oggi siamo qui proprio perché non ci stiamo a questa affermazione, la rifiutiamo con forza. Manuel vive, come avete scritto nel lenzuolo e in tante magliette».
Così don Gian Piero Casadei, parroco di San Giacomo apostolo, si è rivolto pochi minuti fa agli amici e familiari di Manuel Budini, il 16enne morto a seguito di un incidente in scooter a Ponte Ospedaletto di Longiano, celebrando il funerale nella chiesa di Santa Maria Goretti a Cesenatico.
Moltissime le persone presenti, di ogni età, in chiesa, nella balconata e fuori dall’edificio sacro. Numerosi gli scooter e i motorini parcheggiati nel cortile della chiesa, alcuni dei quali con palloncini bianchi appesi.
È stato l’abbraccio di una comunità di amici che con Manuel condivideva la passione per i motori, da riparare, assemblare, provare insieme: «Eri con noi in un posto speciale, per stare bene. Un posto dove ci sentiamo parte di qualcosa» ha letto un ragazzo.
Che, con altri, ha puntato il dito sulla mancanza di luoghi per i ragazzi con la passione per i motori: «Non si tratta di ragazzini che fanno casino, come ha scritto qualcuno. Ci sono campi da calcio, piste ciclabili, spazi per tante passioni. Ma non ce ne sono per chi segue i motori. Questo non è solo un funerale, è un appello: dateci spazio. Abbiamo delle passioni. Ora sta a noi non spegnere quel motore, per te e per quelli come te».
L’omelia di don Gian Piero
«A volte accadono cose talmente grandi che la nostra ragione vacilla; cose che ci fanno accorgere che la vita è tanto più grande di noi. E ci accorgiamo che non è possibile esserne padroni, ma non per un disegno del destino, ma perché già ci appartiene – ha spiegato don Gian Piero Casadei nella sua omelia -. Per assurdo, nonostante la nostra capacità di ragionare, noi ci accorgiamo del valore delle cose e delle persone nel momento in cui non le abbiamo più! E le possibilità sono due: o ci rassegniamo a una vita senza senso, o ci rialziamo in piedi riconoscendo che la vita, sempre e comunque, è un dono. Noi scegliamo la seconda possibilità. Eh sì: oggi, di schianto, ci è più che mai chiaro che la vita è un dono. La tua vita, la vita di Manuel è, uso apposta l’indicativo presente, un dono. E il volto di Manuel, il suo sorriso, il suo sguardo intenso, e il suo cuore affamato di vite, ne sono la testimonianza più evidente e innegabile.
«Attenti ai maestri che ascoltiamo. Perché c’è chi dice che l’unica cosa evidente e innegabile della vita è… che si muore. Ma noi oggi siamo qui proprio perché non ci stiamo a questa affermazione, la rifiutiamo con forza. Manuel vive, avete scritto nel lenzuolo e in tante magliette. Qualcuno potrebbe dire: è innegabile la morte. Al massimo uno continua a vivere nel cuore di coloro che lo ricordano. Vero. E a volte noi ci accontentiamo di questo, come se il tutto si esaurisse qui. Sì, forse noi ci accontentiamo, ma è Dio che non si accontenta. A Dio non basta che noi restiamo vivi nei ricordi di chi ci ha amato (perché così quando muore chi ci ricorda, moriremmo definitivamente) ma ci ha donato molto di più: la risurrezione di suo figlio, trasmessa a noi, donata a noi».
«La certezza che il desiderio, la fame di vita, prepotentemente sentiamo, portiamo dentro di noi, non è un’illusione, non è una domanda senza risposta, ma è l’indizio che ci porta a Colui che ci ha donato la vita, ci ha donato il bisogno irrefrenabile di felicità e ci ha donato la risposta questo bisogno: il mondo, ma non solo; il Creato, ma non solo; gli amici, ma non solo; l’amore, ma non solo; le passioni, ma non solo; l’amicizia di Manuel, ma non solo; l’amicizia fra noi, ma non solo. Ma tutto questo, se non avessimo la certezza della risurrezione di Gesù e della vittoria della vita sulla morte, sarebbero solo illusioni. Di più, una presa in giro. Ma se Cristo ha vinto la morte, tutto diventa segno di questo. E abbiamo la certezza di non aver perduto Manuel. Non solo perché rimane vivo nei nostri ricordi, ma perché rimane vivo in Cristo, rimane vivo nelle mani del Creatore della vita, in cui non c’è più morte».
Il sacerdote ha poi citato il Vangelo letto in precedenza, dove il Signore dice «Vado a prepararvi un posto» e la prima lettura, dove si legge «Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore».
«Ragazzi, ascoltate la vostra fame di vita, che sgorga dal vostro cuore meraviglioso – ha concluso don Gian Piero -. Ma ricordate sempre, anche a noi adulti, che non ne siamo padroni: qualcuno più grande di noi ce l’ha donata. Anche noi dobbiamo imparare a farne dono. Come? Scoprendo ora che ognuno di noi è un dono. Ora. Per non correre il rischio di accorgercene quando questi doni non ci saranno più. Per questo, con forza, ringraziamo Dio che ci ha fatto dono di Manuel, un dono che rimane vivo per sempre grazie alla risurrezione di Gesù».
Le insegnanti
In chiusura, hanno preso la parola alcune insegnanti. Una docente dell’istituto Marie Curie ha parlato di Manuel come «fiore reciso che poteva dare frutti. Ora aiuta i tuoi compagni a diventare grandi, i professori a diventare migliori, sostieni e dai forza ai tuoi genitori».
Una maestra elementare ha ricordato invece, in uno scritto, Manuel a sei anni: «Non ti fidavi del mondo, un mondo forse troppo poco sensibile per la tua anima sensibile e delicata». Il ricordo è quello di un bambino dal «modo di pensare originale, in grado cogliere l’essenza delle cose e delle persone».


