L’estate, un tempo per riscoprirsi

Nel mondo romano, l’otium non era semplice ozio o pigrizia: era il tempo liberato dagli affari ( negotium) e dedicato a coltivare se stessi.

Significava leggere, scrivere, riflettere, curare il corpo e l’anima, conversare con amici scelti.

Non era fuga dal dovere, ma il suo complemento: senza pause di otium, il negotium rischiava di diventare vuota frenesia.

In estate, questa sapienza antica trova nuova attualità. Le lunghe giornate, la sospensione dei ritmi lavorativi, il contatto più diretto con la natura offrono l’occasione di rallentare e di ritrovare spazi interiori.

Ma il rischio, nella società della connessione costante, è di riempire anche il tempo libero di impegni, viaggi frenetici e notifiche, perdendo l’essenza dell’otium.

Recuperarlo significa scegliere di rimanere in contatto con se stessi, dare spazio alla lettura lenta, alle passeggiate senza meta, alle conversazioni che non hanno fretta di concludersi.

Significa lasciare che il silenzio e l’ozio fecondo diventino terreno di nuove idee, intuizioni e creatività.

Forse l’estate, più di ogni altra stagione, ci ricorda che non siamo fatti solo per produrre, ma anche per respirare, contemplare, vivere con pienezza l’intervallo tra un impegno e l’altro.

In fondo, lo sapevano bene i latini: l’otium non è il contrario del lavoro, ma la condizione che gli dà senso.