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Come cambia il mondo del lavoro con la pandemia

Il 2020 è stato l’anno della pandemia, dell’accelerazione sulla trasformazione digitale e dell’estensione del “lavoro agile” e dello smart working, che durante il primo lockdown circa un terzo dei lavoratori italiani

In base all’indagine Excelsior Italia il “lavoro agile” e lo smart working sono passati dal 23,3% di utilizzo da parte delle imprese nel periodo pre-covid al 40,4% nel 2020, con un incremento di oltre 17 punti percentuali diventando una realtà per un numero sempre più elevato di lavoratori e aziende. Lo rende noto la Camera di commercio della Romagna. 

Durante il primo lockdown, lo smart working ha coinvolto 6,58 milioni di persone, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, con una crescita di oltre 10 volte rispetto ai 570mila censiti nel 2019.

Tra le imprese che hanno effettuato investimenti in digital transformation il 46% ne ha effettuati impattando sul capitale umano dell’impresa; di queste il 6,3% ha agito sul reclutamento di nuovo personale, il 39,4% sulla formazione del personale esistente, upskilling e reskilling, e il 12% ha attivato servizi di consulenza.

Il grande balzo in avanti si è registrato anche in provincia di Rimini dove l’adozione di sistemi di smart working è passata dal 21% del periodo 2015-2019 al 37% del 2020 e in provincia di Forlì-Cesena, con percentuali cresciute dal 23% al 36% nel periodo post covid.

“Lo smart working e le altre forme di lavoro agile rappresentano un nuovo modello di lavoro, un modello che andrà oltre l’emergenza indotta dalla pandemia - commenta Alberto Zambianchi, presidente della Camera di commercio della Romagna -. Si è già verificato un cambiamento dell’organizzazione del lavoro da cui non si tornerà più indietro e che mette in discussione anche l’organizzazione della vita dei lavoratori, dell’economia e del territorio. Come ha dichiarato Mario Deaglio, docente di Economia Internazionale dell’Università di Torino, che ha curato il XXV Rapporto sull’economia globale e l’Italia: “Commercio online e smart working sono qui per restare″. Per la ripresa del Paese e dei nostri territori, perciò occorre superare il digital mismatch: poiché la digitalizzazione delle imprese determina una domanda di personale con competenze diverse, è fondamentale lavorare per incrementare le competenze digitali dei lavoratori. Non c’è trasformazione digitale senza l’uomo e le sue competenze”.

profili professionali assunti a seguito di investimenti in trasformazione digitale sono quantitativamente e qualitativamente diversi nei settori economici del Paese e nei territori.

In Italia, tra le imprese che hanno segnalato di avere assunto personale a seguito di investimenti in innovazione digitale spiccano le professioni del digital marketing, business analyst, ICT account manager, social media manager, data scientist, application developer, ICT consultant Digital media specialist, ICT security specialist, database administrator e systems analyst.

In valori assoluti le imprese che hanno assunto nel 2020 una figura in seguito a investimenti in trasformazione digitale sono: 8.490 nel commercio al dettaglio, 6.310 nel commercio all’ingrosso, 5.310 nei servizi avanzati, 3.890 delle costruzioni e nell’ambito delle industrie 2.470 assunzioni in fabbricazione macchinari e mezzi di trasporto e industrie metallurgiche con 1.940 assunzioni

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