Cesena
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Docente ed educatore. Uomo politico e storico. Testimone del Vangelo

Con la morte del professor Giovanni Maroni abbiamo perso un amico prezioso

La notizia della morte, ieri pomeriggio ci ha colto di sorpresa

La giornata di apertura al convegno nazionale della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) in occasione dei 100 anni del Corriere Cesenate, 20 ottobre 2011. Il professor Giovanni Maroni è il primo da sinistra (Foto Mauro Armuzzi)

La notizia della morte del professor Giovanni Maroni ieri pomeriggio ci ha colto di sorpresa. Non che non ce lo aspettassimo. Tutti sapevamo che stava male da lungo tempo, ormai. Però, quando muore un amico, anche se la notizia è in un certo senso attesa e preannunciata, ci si sente lo stesso strappare qualcosa da sé. È come se venisse incisa la carne. Ogni volta si vive la stessa sensazione. E con la morte di Giovanni, sì perché per me da anni era Giovanni, questa incisione è stata ancora più dolorosa.

Subito, dopo aver cercato le conferme di quanto appreso, sono tornato a quanto vissuto assieme al professore, un mito per tanti di noi nati negli anni '60, '70 e '80. Giovanni ha educato centinaia, forse migliaia di studenti, amici, giovani, conoscenti che oggi lo ricordano con affetto riconoscente. Non una roba sdolcinata che anche a lui non sarebbe piaciuta per nulla. Ma con quel calore umano, quella pacatezza risoluta con la quale ti convinceva quando si ragionava su ciò che a lui stava più a cuore.

Giovanni mi ha insegnato tanto. Devo riconoscerlo e voglio riconoscerglielo, anche adesso che non c'è più. Ci siamo incontrati per la prima volta quando io ero ormai grande, vicino ai 30 anni. Il merito è dell'Azione cattolica a cui Giovanni ha voluto un bene grandissimo. Era il suo luogo per vivere la Chiesa da dentro, in un'associazione di laici a tutto tondo, a cui non sfuggiva nulla dell'umano, dall'impegno nella città dell'uomo alla cultura, dalla scuola alle professioni e alla politica. E proprio Città dell'uomo divenne il luogo di elaborazione culturale vivace e fruttuoso, dopo la caduta della Democrazia cristiana, vissuta anche da Giovanni come una perdita, quasi un tradimento dei valori cristiani vissuti nell'ambito sociale.

A noi giovani, con me Ernesto Diaco, Arianna Pivi e altri ancora più sbarbati come William Casanova, solo per citarne pochi, Giovanni ha trasmesso la passione per l'impegno nella società. Ricordo le serate alla Scuola di Dottrina sociale della Chiesa con don Piero Morigi. Gli incontri con personaggi del calibro di Maurilio Guasco, Giorgio Campanini, Alberto Monticone, solo per ricordarne alcuni tra i più noti nel mondo del cattolicesimo impegnato. Furono per noi occasioni preziosissime di arricchimento personale. Come tra vasi comunicanti, Giovanni trasmetteva a noi quello che viveva e ce lo rendeva familiare. Un normale passaggio tra generazioni vissuto senza strappi, anzi. Anche la visita a don Giuseppe Dossetti, a Monte Sole nei pressi di Bologna, rimane per me un ricordo indelebile, carico di suggestioni e di insegnamenti che mi appartengono ancora, nonostante il lungo tempo trascorso.

Giovanni negli anni è stato anche un preziosissimo collaboratore (il termine, mi rendo conto, è troppo inadeguato) del Corriere Cesenate. Veniva in redazione, quando eravamo ancora in seminario, e mi portava i suoi foglietti scritti con una grafia da miniatura. Erano testi preziosi, sofferti anche, in cui condensava il suo pensiero, un argomento da mettere a fuoco, un punto su cui aprire il dialogo dalle pagine del Corriere Cesenate. Era impossibile dirgli di no. Anzi, lo dovevo ogni volta ringraziare perché sapeva cogliere il nocciolo delle faccende, il cuore dell'anelito umano, il desiderio profondo di chi cerca, ma forse ancora non sa cosa si aspetta davvero.

Giovanni era questo: un uomo autentico, un professore che ha incarnato in pieno l'animo dell'educatore, non per ammaestrare nessuno, ma per tirare fuori il meglio da ogni persona a lui affidata dalla Provvidenza divina. Un prof, uno storico, un marito (la moglie Giovanna è stata per decenni la sua fedele segretaria) e un padre per tantissimi che forse in questi giorni emergeranno. Proprio ieri mattina parlavo di lui con una persona un po' più grande di me. E lo abbiamo ricordato pensando anche di poterlo andare a trovare. Non sapevamo ancora né nella sua morte né del suo peggioramento. Parlavamo di Giovanni come di un grande per tanti di noi. Parlavamo di lui con il cuore pieno di gratitudine, del tutto ignari di quello che avremmo appreso di lì a poche ore. Una notizia che, anche ora che cerco di accompagnarla con qualche sconclusionato ricordo, mi fa sentire un po' più solo, meno protetto da questi testimoni autentici del Vangelo. Giovanni, uno di quelli che si è sempre fatto prossimo a chi aveva accanto, chiunque fosse, senza distinzioni.

Da ultimo non posso non ricordare il libro per i 100 anni del Corriere Cesenate (foto sotto). Sei degli otto capitoli di cui è composto sono stati redatti da Giovanni che poi compare anche come curatore assieme al professor Marino Mengozzi, suo collega al Liceo scientifico "Righi". Giovanni era un valentissimo storico, con la capacità di saper raccontare la storia a tutti. Sapeva rendere la storia leggibile. Dote non comune che gli ho sempre riconosciuto e ho tanto apprezzato. Risfogliare il libro col quale abbiamo ricordato il secolo di vita del nostro giornale è come avere ancora qui con noi il caro amico Giovanni, che è e resterà sempre con me, con noi.

libro 100 anni corriere cesenate
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