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Convegno sulle miniature in Malatestiana. Alta cultura, ma per pochi

L'ospite di rilievo è stato lo studioso Christopher De Hamel

Convegno sulle miniature in Malatestiana. Alta cultura, ma per pochi

La notizia, riguardo il convegno “Hortus in bybliotheca”, tenutosi nel pomeriggio di venerdì 5 ottobre nell'Aula Magna della Biblioteca Malatestiana di Cesena, è soprattutto una, e non è tanto piacevole. Il convegno è andato pressoché deserto. Come illustra la fotografia, scattata durante il suo svolgimento, il totale delle persone presenti non arrivava alle venti unità, comprendendo nel conto i relatori e chi scrive. Un vero peccato, per due motivi: da una parte, si trattava di uno degli eventi “di punta” nel quadro dei festeggiamenti per i 600 anni dalla nascita di Domenico Malatesta Novello, il Signore di Cesena che nel 1454 donò a Cesena quella “libraria domini” che dal 2005 per l'Unesco è “Memoria del mondo”; dall'altro, i contributi degli storici presenti erano di altissimo livello. Il primo a intervenire è stato Christopher de Hamel, docente a Cambridge, studioso di manoscritti medievali, ed attualmente noto anche ad un pubblico più vasto dei soli bibliofili grazie alla pubblicazione del saggio “Storia di dodici manoscritti” (ed. Mondadori), un'opera in cui il nostro studioso “intervista” dodici capolavori, cercando di raccontare tutte le incredibili vicende che accompagnano la vita di questi straordinari testi.

Il volume è stato poi presentato dall'autore sabato pomeriggio in Malatestiana. De Hamel ha uno stile brillante, ed una notevole verve narrativa, e nel suo contributo ha passato in rassegna dapprima l'immagine che il Medioevo ci ha trasmesso dell'elefante, in omaggio al simbolo araldico personale di Domenico Malatesta, “elephas indicus culices non timet”, l'elefante indiano non teme le zanzare, recita il cartiglio che copre il corpo del pachiderma, mostrando come la versione cesenate dell'animale sia molto più corretta dal punto di vista anatomico di quel che si può vedere nei codici sparsi per l'Europa. Successivamente lo studioso ha messo a confronto tre biblioteche, quella di Novello, quella di Matthew Parker, arcivescovo di Canterbury, teologo e creatore di quella che oggi si chiama “Biblioteca Parker” al Corpus Christi College di Cambridge, e quella di Giovanni di Valois, duca di Berry, collezionista di manoscritti miniati, fra i quali uno dei codici più belli della storia, “Très riches heures du duc de Berry”. Confrontando queste tre biblioteche, che ci sono giunte più o meno nella loro interezza (ma solo quella cesenate, come sappiamo, comprensiva di libri, luogo e arredi), de Hamel ha sottolineato come la Biblioteca Malatestiana sia più interessante delle altre, per la presenza di tanti importanti opere di Padri della Chiesa e teologi, di storici antichi e di giuristi, nonché per essere una vera biblioteca patria, in quanto era aperta a tutti quelli che desideravano studiare.

Dopo la relazione dello storico inglese, che si è preparato all'incontro studiando i codici cesenati attraverso il computer, dal “Catalogo aperto dei manoscritti malatestiani” accessibile in rete, ottimo strumento di ricerca e divulgazione, sono intervenuti tre giovani ricercatori: Beatrice Alai, Gianluca Del Monaco e Lucrezia Signorello. La prima si è interrogata su quali possano essere i codici premalatestiani ancora oggi presenti nell'Aula del Nuti, una domanda cui è difficile dare risposta, dato che non possediamo un archivio del convento francescano per conoscere l'entità e la qualità delle opere che confluirono nella Malatestiana. L'ipotesi della ricercatrice è che i volumi siglati D.XIX.3, D.XX.2, D.V.2, D.VIII.5 fossero già presenti nella biblioteca francescana: speriamo che possano essere pubblicati gli atti del convegno, per poter seguire nel dettaglio i ragionamenti che hanno indotto Beatrice Alai a formulare questa proposta. Gianluca Del Monaco si è soffermato sul codice S.IV.2, un testo giuridico, di cui ha analizzato le miniature, indicando una possibile ispirazione giottesca. Infine Lucrezia Signorello ha analizzato le “Vite parallele” di Plutarco, sviluppando un confronto fra il ritratto numismatico e i ritratti degli antichi greci e latini conservati in questi tre tomi: l'opera fu commissionata dallo stesso Domenico Malatesta Novello, e la ricercatrice ha sostenuto l'identificazione fra il ritratto di Crasso presente nell'opera con lo stesso Novello, a rimarcare il collegamento con la classicità, sia per il contenuto dell'opera, sia per la forma con cui questi ritratti prendono vita e colore all'interno del manoscritto. Come s'è detto, è stato un pomeriggio di grande interesse culturale, ed è perciò un vero peccato che ben pochi cesenati abbiano partecipato. Difetto di comunicazione? Interesse per altre manifestazioni? Non sappiamo: speriamo però che i prossimi appuntamenti legati ai 600 anni di Novello (sabato 13 ottobre, presentazione “La Biblioteca Malatestiana. Storia e segreti”; sabato 27 ottobre, “Indagine sulle presunte spoglie di Malatesta Novello”) possano trovare un pubblico un po' più numeroso.

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