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Il ricordo del colonnello Carlo Mazzoli nelle parole di un alpino

Morì in Libia nel 1928

Nella foto: il colonnello Carlo  Mazzoli (Cesena1879 - Bengasi 1928)

Dalla inquieta Cirenaica il 10 giugno 1928, una lunga lettera del Cappellano militare padre Ezechiele Frambrosi inviata a Cesena a don Giuseppe Mazzoli, allora parroco di San Rocco, chiudeva con questa affermazione: "Si consoli, Rev.mo Signore, il colonnello Mazzoli è in Paradiso". Un'affermazione cristianamente importante che leniva un grande dolore per una notizia drammatica, giunta improvvisa da quel lontano lembo d'Africa. Carlo, il fratello maggiore del sacerdote, di appena 49 anni, era deceduto nell'ospedale di Bengasi per un'infezione da tifo contratta per aver bevuto acqua inquinata in un'oasi del Fezzan. Era il 2 giugno 1928.In pari data di quest'anno, tra l'altro festa della Repubblica, gli Alpini di Cesena, questa mattina, con una modesta ma sentita cerimonia davanti alla stele da loro voluta che ne tramanda il ricordo, posta sotto il vecchio e solitario campanile di San Rocco, dopo l'alzabandiera che unisce  le differenze e apre i sentimenti di ognuno al concetto profondo di Patria e quindi di Appartenenza, hanno voluto sottolineare con la memoria la grandezza umana di questo figlio della nostra terra, non solo come soldato ma anche come fratello e padre di tutti quegli uomini che nei vari momenti della sua articolata, complessa e avventurosa vita, gli furono via via affidati, inquadrati nei vari battaglioni alpini. Anni terribili di guerre, di morti, di sofferenze inaudite in cui la "meteora Carlo Mazzoli" seppe sempre rifulgere per le sue doti guerriere sì, ma soprattutto per quella sua grande umanità  che seppe spargere ovunque a piene mani tra i suoi soldati considerandoli sempre come figlioli di cui sentiva responsabilità profonda. Tutto partiva dalla grandezza del suo cuore cresciuto di valori morali e spirituali che già apparivano visivamente in quell'icona del suo stesso volto dai capelli lunghi, che per molti era subito richiamo e attuazione di quell'altro volto che chiamavano il Nazareno e di cui il Nostro portava il segno del martirio redentivo in quel Crocefisso posto di traverso sotto la giubba grigioverde di soldato.Sul fronte delle più alte vette delle nostre Alpi dove eccelsero i suoi valori di uomo e di soldato, la eco del colonnello Carlo Mazzoli tramandata come leggenda, é  ancor viva oggi dopo oltre un secolo trascorso, in quelle popolazioni d'altitudine dove il vento delle grandi montagne che sovrastano, lambendo altissime cime innevate, creste vertiginose, pareti inaccessibili, oscure forre e ghiacciai, continua a spolverare memorie su memorie di eroismi e di umanità profonda.

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