Cesena
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POESIA

Mariangela Gualtieri dialoga con Jovanotti a teatro

Preludio alla rassegna “Ciò che rende umani” al “Bonci”

Mariangela Gualtieri dialoga con Jovanotti a teatro

Il brusio del pubblico indica la tensione dell'attesa: il teatro “Bonci” di Cesena è stipato in ogni ordine di palco, e si sono fatte le 18 di lunedì 8 ottobre, sta per iniziare il primo appuntamento della rassegna “Ciò che ci rende umani”, biennale di arte, poesia, filosofia e scienza organizzata dal Teatro Valdoca. È un primo appuntamento davvero speciale, con il dialogo fra Mariangela Gualtieri e Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti. L'incontro fra i due è stato possibile dal contatto fra Jovanotti e la poesia di Gualtieri, quindi attraverso i libri, e le liriche della poetessa cesenate hanno tanto affascinato il musicista da spingerlo a chiederle alcuni testi per la sua rivista “Sbam!”, un tentativo non ortodosso ma interessante di rivista culturale. Alle 18,10, accolti da un'ovazione, entrano in scena Jovanotti e Mariangela Gualtieri. Dopo i saluti della poetessa, è Lorenzo Cherubini a prendere in mano la situazione, iniziando a rivolgerle delle domande, in particolare riguardo la sua visione della poesia. «Per me – ha detto Jovanotti – la poesia è la cosa più importante che esiste. Nella poesia ci sono libertà e disciplina, ed è creando poesie che entriamo in contatto con la creazione stessa, che è l'azione primordiale». Mariangela Gualtieri ha proseguito il ragionamento: «Siamo in tempi di carestia, e la poesia è parola che nutre. La poesia è parte della brace cosmica da cui siamo stati formati».

Venendo al titolo della rassegna, la domanda sorge spontanea, e il musicista chiede alla poetessa: che cosa ci rende umani? «Molte cose – è la risposta. Fino a poco tempo fa eravamo animali (e in gran parte lo siamo ancora), e quindi molto abbiamo in comune con loro, ma la cosa che è solo nostra, che appartiene solo a noi, è la parola». Le domande proseguono: quando hai cominciato a scrivere poesie? Dapprima la poetessa si schernisce, affermando che a nessuno interessano cose del genere, ma l'applauso le fa capire che in realtà il pubblico si è riunito a teatro non solo per il musicista, ma anche per lei. «A otto anni scrivevo delle poesie su un libriccino, e un'amica di mia sorella, più grande di me, e che io stimavo molto, mi chiese perché perdevo tempo dietro a quelle sciocchezze. Da allora smisi di scrivere, e poi ho ripreso solo a quarant'anni. Per fortuna ho ripreso a leggere le poesie grazie all'attività teatrale con il teatro Valdoca, e sono riuscita a superare quel silenzio». Il silenzio è un tema che affascina anche Jovanotti, che ha rivelato di amarlo nella sua vita privata. «Se sul palco mi fa paura, nella quotidianità è il contrario. Io sono silenzioso e meditativo, e questo, secondo me, mi ha salvato la vita, nel contrasto fra palcoscenico e vita quotidiana».

Jovanotti ha anche ricordato gli anni della scuola, il Liceo scientifico, affermando che non ricorda nulla oggi di quello che gli veniva insegnato, ma ricorda perfettamente gli incontri fatti in quegli anni, fra cui un laboratorio teatrale dedicato al Futurismo, e fu proprio quell'esperienza a spingerlo verso la musica. La poesia e la musica sono spesso considerate affini, e Cherubini sottolinea questo legame. «La metrica è importante quando si compone una canzone, perché ti dà il ritmo. Spesso quando compongo le mie canzoni parto dalla metrica per poi aggiungervi le parole. Le tue poesie – dice a Gualtieri – mi affascinano perché non hanno una metrica tradizionale, non ci sono neanche le rime». E per mostrare quanto queste poesie siano ispiratrici, accompagnandosi con una chitarra, Jovanotti intona due poesie di Mariangela Gualtieri, con effetto estremamente suggestivo. La stessa autrice, dopo averle ascoltate, dice di sentirsi disorientata, perché «io non le avrei mai pensate così». «Il disorientamento è meraviglioso – prosegue Jovanotti – perché da questo si giunge all'orientamento. Se sei già orientato non pensi che forse in realtà sei disorientato. Se invece sei disorientato puoi pensare in modo più creativo». Il tema della metrica spinge anche a riflettere sul rapporto fra lingua e linguaggio: come scegliere fra le tante parole a disposizione? «Per le canzoni basta un dizionario di 200 parole – dice Jovanotti – semplici, chiare, efficaci; se ne usi di più, o se senti che nella canzone si tocca il “poetico”, vuol dire che la canzone è sbagliata». «Lo stesso accade con le poesie, prosegue Gualtieri. Il “poetico” è come la carta che nasconde il regalo, che è la vera poesia. Bisogna scartare il regalo per riceverlo, e così bisogna scartare il “poetico”. Riguardo le rime, sono difficili da trovare nella poesia moderna, perché in un contesto in cui si cerca ciò che è sorprendente la rima spegne questo effetto. Tuttavia, in una raccolta ancora inedita, ho dei testi in rima baciata, come una filastrocca». Jovanotti ha poi rivelato che al Liceo la sua passione era per la poesia di Manzoni, in particolare “La Pentecoste”. «I miei compagni di classe non ci volevano credere, quando dicevo loro che quella poesia era una figata, ma a me piaceva e piace davvero, anche oggi». Jovanotti chiede infine a Mariangela Gualtieri dei consigli di lettura, autori che lei suggerirebbe a un giovane inesperto di poesia. I consigli dell'autrice sono: Vivian Lamarque, Chandra Livia Chandiani, Antonella Anedda. Infine, prima di salutarsi, Jovanotti loda il “Cantico di frate sole” di Francesco d'Assisi, indugiando sul «per» con cui il santo umbro loda Dio: non lodare Dio perché ha creato questo e quello, ma attraverso le sue creature. Mariangela Gualtieri, sul modello di Jorge Luis Borges e di altri scrittori, ha scritto anche lei una sua poesia di ringraziamento. A seguire, Cherubini intona “Ragazzini per strada”, una canzone che, come lui l'ha definita, «è un cortometraggio, una piccola storia urbana». Alla fine, tripudi e ovazioni per tutti e due. Venerdì alle 17, al palazzo del Ridotto, incipit della rassegna “Ciò che ci rende umani”. Info: www.teatrovaldoca.org.

(Possiamo solo raccontarvi, ma non darvi immagini perché non è stato ammesso un nostro fotografo a teatro, mentre ad altri è stato concesso, contrariamente a quanto a noi riferito in seguito alla richiesta di accredito).

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