Cesena
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Abbigliamento

Nessun rimbalzo per abbigliamento, calzature e accessori

I saldi invernali non hanno dato i risultati sperati. Forti sconti pur di smaltire le scorte

Nella foto Giorgio Piastra

Non si è verificato, l’auspicato “rimbalzo” per i saldi invernali dopo il tonfo (-41,1 per cento) registrato a gennaio. Secondo un'indagine effettuata da Federmoda Italia-Confcommercio anche nel territorio cesenate, infatti, le vendite di abbigliamento, calzature e accessori sono scese in febbraio del 23 per cento rispetto allo stesso mese del 2020.

E dopo l’ingresso in zona rossa i negozi di abbigliamento sono chiusi. “Fino a quando lavoravano – rimarca il direttore di Confcommercio cesenate Giorgio Piastra - per il 66 per cento delle imprese c’è stato un peggioramento, seguono quelle che hanno avuto una stabilità (19,4 per cento), mentre il 14 per cento ha venduto di più. Il calo, per un'impresa su quattro è stato tra il 50 e il 90 per cento, per effetto dei forti sconti proposti alla clientela pur di smaltire le scorte.Quasi otto imprese su 10 (il 77,5 per cento per la precisione) ha infatti proposto sconti tra il 30 e il 50 per cento e il 33,8 per cento del 50 per cento. La maggior parte delle transazioni è avvenuta cashless, soprattutto con pagobancomat. Solo il 7,6 per cento dei clienti ha utilizzato i contanti, soprattutto per le spese a basso importo. Il “podio” dei prodotti più venduti vede sul gradino più alto la maglieria (49 per cento), seguita da giubbotti, cappotti e piumini (38,8 per cento) e pantaloni e jeans (32 per cento). Molto male, invece, gli abiti da uomo (4 per cento)".“Servono aiuti immediati alle imprese –afferma la presidente di Federmoda Confcommercio cesenate Ivana Arrigoni - , liquidità, moratorie fiscali e contributive, sostegni per far fronte alle locazioni commerciali e, considerando l'andamento ancora una volta negativo dei saldi, un indispensabile contributo sotto forma di credito d'imposta del 30 per cento sulle rimanenze, capace di superare l'annoso problema dei magazzini. Serve, infine, discontinuità e un ripensamento delle restrizioni alle aperture che riguardano quasi esclusivamente il nostro comparto. Non si riesce ancora a comprendere perché un negozio di abbigliamento o di calzature o di pelletteria, nonostante i sacrifici fatti e gli investimenti in sicurezza, rientri tra le pochissime attività commerciali che devono rimanere chiuse per decreto. Se i negozi soffrono, i colossi del web gioiscono con fatturati più che raddoppiati. Nonostante l'apprezzata introduzione della digital tax, ci aspettiamo di operare in un mercato a parità di regole e di tassazione realmente proporzionata agli introiti effettuati nel nostro Paese”.

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