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Lavoro

Il futuro della meccanica romagnola

A Cesenatico il convegno della Fim Cisl Romagna sulle prospettive lavorative future

Il futuro della meccanica romagnola

Si è tenuto a Cesenatico venerdì 17 giugno il convegno organizzato da Fim Cisl Romagna, la categoria dei metalmeccanici della Cisl, dal titolo “Romagna metalmeccanica, transizioni e lavoro sostenibile”.Erano presenti i delegati della Fim Cisl, il segretario generale nazionale Fim Roberto Benaglia, il segretario Cisl Emilia Romagna Filippo Pieri, il segretario generale Cisl Romagna Francesco Marinelli e Lorenzo Ciapetti direttore del centro ricerche Antares che ha presentato le prospettive delle imprese artigiane e metalmeccaniche sul territorio romagnolo, Federico Cappucci (manager di Clust Er Mech), Francesca Bergamini (responsabile politiche istruzione e della formazione della Regione Emilia RomagnaAlessandro Curti, amministratore delegato di Curti spa.

“Come Fim Romagna - afferma Fabio Gioli - crediamo che alla crisi si risponda con l’innovazione, più formazione per i lavoratori e più sviluppo nelle imprese. Questo sarà possibile attraverso la contrattazione sia territoriale per filiera che aziendale, intercettando strumenti di supporto all’innovazione delle imprese del territorio oltre che alla riqualificazione delle professionalità dei lavoratori attraverso l’utilizzo di Fondi pubblici e privati. Questo sarà fondamentale per affrontare le sfide attuali e future, come la forte accelerazione tecnologica che è certamente positiva ma che non deve creare problemi di occupazione. Oggi abbiamo parlato di temi molto importanti, ascoltando le preoccupazioni dei lavoratori, analizzando le prospettive future in termini di filiere e formazione ed ascoltando il punto di vista anche delle aziende. Siamo convinti come Fim che è proprio attraverso il dialogo tra i vari attori che è possibile creare innovazione. Lo sviluppo delle aziende deve corrispondere ad uno sviluppo delle competenze dei lavoratori e degli imprenditori”.

Dai dati su "La meccanica in Romagna" presentati da Lorenzo Ciapetti di Antares, emerge che in Romagna la meccanica rappresenta il 2 per cento del totale delle aziende, con una dimensione media di 15 addetti, ma in tendenziale aumento. Dal 2012 al 2019 pur restando invariato il numero di aziende totali è infatti aumentato il numero di lavoratori impegnati nei settori della meccanica.Le imprese meccaniche hanno sostanzialmente tenuto il colpo della crisi pandemica, anche se i prossimi mesi saranno fondamentali per analizzare i reali effetti della crisi, alla quale si aggiunge la mancanza di materie prime e i costi energetici.È la provincia di Forli-Cesena quella che ha il più alto numero di aziende meccaniche. Nel 2019 erano infatti 886, di cui 480 specializzate nella creazione di prodotti in metallo e 207 nella fabbricazioni di macchinari. A seguire Ravenna con 778 (411 nella produzione metallica e 223 in quella di macchinari). La provincia di Rimini è al terzo posto con 662 aziende metalmeccaniche.“L’ incontro di oggi organizzato dalla Fim Cisl Romagna -  afferma il segretario generale nazionale Fim Roberto Benaglia - affronta un tema ormai strategico. Dopo la pandemia e oggi con la guerra in Ucraina, il  mondo del lavoro sta subendo forti turbolenze. Abbiamo un cambiamento del lavoro che riguarda proprio la vita delle persone, cambiano le tecnologie, ma soprattutto cambiano le competenze. Quello che conta oggi è dare sviluppo e crescita attraverso la contrattazione e con il coinvolgimento dei lavoratori, per dare alle filiere sviluppate sul territorio la capacità di realizzare risultati importanti”.“Siamo in una fase di grandi cambiamenti all'interno delle imprese nel settore metalmeccanico - conclude il segretario generale Cisl Romagna Francesco Marinelli -  e nel mondo industriale più in generale. Diventa quindi importantissimo fare un grande investimento sulla formazione e mettere in campo politiche attive del lavoro che ci consentano soprattutto di gestire la fase di transizione con l'obiettivo di non lasciare indietro nessuno. Non dobbiamo mai dimenticarci che queste fasi di cambiamento molto spesso mettono in grandi difficoltà soprattutto le fasce più deboli della popolazione aziendale, quelle con  minore scolarità o un livello più basso di formazione. Questo è l’impegno che il sindacato mette in campo nei prossimi mesi e anni per gestire una fase complessa e decisiva per lo sviluppo del territorio”.

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