emergenza
Ciclone Idai: Gabriele Santi (Msf Mozambico), “la gente non ha casa, non ha cibo, non ha acqua”
Situazione drammatica in Mozambico dopo il passaggio del ciclone su Beira dove sono stati spazzati via il 70 per cento dei tetti delle case
“La situazione è drammatica perché il disastro è esteso, e non è soltanto Beira. Il ciclone ha impattato su Beira, dove ha spazzato via il 70 per cento dei tetti delle case, un 15 per cento sono crollate. Molte persone sono state ferite, perché volavano lamiere, c’erano alberi che cadevano. Poi sono arrivati 3-4 giorni di pioggia. Il ciclone è entrato a Beira ed è arrivato in Zimbabwe continuando a devastare e portando con sé una quantità mostruosa di acqua. Tutta quell’acqua si è riversata e ha inondato l’intera valle. Lo afferma Gabriele Santi, capo progetto di Medici Senza Frontiere (Msf) in Mozambico, che con un audio è riuscito a raggiungere i colleghi italiani per raccontare la situazione nel Paese, colpito dalle catastrofiche alluvioni a seguito del ciclone Idai. “Tutta l’infrastruttura elettrica è crollata – racconta Santi -. Ovunque vai ci sono pali della luce caduti, cavi elettrici ovunque, funziona tutto tramite generatori. Mancando l’elettricità mancano anche le pompe, l’acqua non arriva da nessuna parte in città. Il primo problema sono le case, la gente non ha rifugio, sono senza un tetto sulla testa. Poi l’acqua, la gente beve acqua dai canali o da terra, ma è acqua sporca che può portare malattie”. “17 centri di salute sono stati gravemente danneggiati, l’ultimo è crollato – spiega Santi – . Lavorano tutti a spazio ridotto perché non hanno più il tetto. L’ospedale è di fronte all’oceano e ha ricevuto in pieno il ciclone, quindi la devastazione dell’ospedale è ancora maggiore. L’altro problema è il cibo. Beira è rimasta tagliata fuori. La maggior parte del cibo arriva dalle zone agricole, ma tutto completamente allagato e le strade sono interrotte. È già una settimana che le risorse scarseggiano e stanno diminuendo sempre di più.
“La priorità ora è ristabilire l’acqua potabile e l’assistenza sanitaria di base. Poi ricostruire le case e garantire cibo – conclude il capo progetto di Msf – . Le persone non sanno dove andare a prendere il cibo. Una cosa difficilissima da fare in una città di 500.000 che si estende per 25 km. Ci stiamo focalizzando su alcune zone dove ci sono i principali centri sanitari per creare dei centri di referenza medica. Ma la gente non ha casa, non ha cibo, non ha acqua”.
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