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Caporalato in agricoltura, quattro pachistani in manette

La squadra mobile di Forlì ha arrestato quattro persone di origine pachistana, tra i 22 e i 44 anni di età, ritenuti responsabili dalla Procura di Forlì di gestire un’organizzazione criminale per il reclutamento di lavoratori. Le persone sfruttate dai quattro venivano portati sui luoghi di lavoro, controllate e minacciate

Caporalato - immigrati nei campi - foto archivio Corriere Cesenate

La squadra mobile di Forlì ha arrestato quattro persone di origine pachistana, tra i 22 e i 44 anni di età, ritenuti responsabili dalla Procura di Forlì di gestire un’organizzazione criminale per il reclutamento di lavoratori. Le persone sfruttate dai quattro venivano portati sui luoghi di lavoro, controllate e minacciate.

L’indagine, condotta con la collaborazione di ispettorato del lavoro e Inail, ha fatto venire alla luce storie di intimidazione e di minacce nei confronti di quei lavoratori che volevano rivolgersi ai sindacati per far valere i propri diritti.

I pachistani reclutavano il proprio personale tra i richiedenti asilo, in gran parte pachistani o afgani, offrendo loro una paga di cinque euro l’ora, contro i 9,60 euro orari previsti come minimo di legge. Poi davano loro al massimo 250 euro al mese, trattenendone 200 per l’alloggio (in casolari dalle condizioni precarie), nonostante questi lavorassero senza pause dalle 60 alle 80 ore settimanali (contro le 44 ore massime previste).

A finire nei guai sono stati anche i titolari delle aziende agricole (delle province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna) che hanno impiegato questo personale dal settembre 2019 al gennaio 2020. Gli imprenditori, infatti, versavano ai “caporali” una quota di 12-13 euro l’ora per lavoratore contro i 20 euro l’ora che avrebbero dovuto versare. Per questo sono stati denunciati in stato di libertà.

Nel giro di poco meno di cinque mesi, secondo le stime degli inquirenti gli indagati avrebbero guadagnato dagli 80 ai 100mila euro dallo sfruttamento di un cinquantina di lavoratori. Il denaro veniva di volta in volta inviato in Pakistan su conti di persone fittizie.

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