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Ciné, per fare il punto sul cinema del dopo-Covid

 Per essere regista non basta aver fatto l’Accademia, ci vuole talento

Le foto sono di Aida Mele

Ieri si sono chiuse le giornate professionali del cinema, che a Riccione prendono il nome di Ciné. Quattro giorni per l’undicesima edizione pensata come ripartenza, un nuovo inizio dopo l’era Covid, come l’occasione per fare il punto del consumo in sala del cinema in Italia. Conferenze, ma soprattutto presentazione dei nuovi listini a cui la moltitudine di esercenti presenti potrà attingere per riportare il pubblico in sala.

Il primo degli incontri è stato il momento in cui tirare le somme per riprogettare una campagna marketing, affinare nuove strategie social, indicare agli esercenti le possibili criticità per un pubblico che con la pandemia ha scoperto la comodità di un cinema dal divano di casa. Impresa non facile che può far cadere nell’equivoco di contrapporre la sala alle piattaforme, quando le ricerche indicano che i grandi consumatori di cinema in streaming rappresentano poi il pubblico più fedele al grande schermo.

La fascia da recuperare è rappresentata dagli over sessanta, che il Covid ha reso pigri e diffidenti, grazie anche a una campagna di prevenzione illogica.

Ciné ha offerto le sue sale innanzitutto per capire come lasciarsi definitivamente alle spalle un biennio nefasto. Nel 2021 si è perso il 71% delle presenze, che nel primo semestre di quest’anno è fortunatamente sceso al 56,5%, incoraggiando il desiderio e la speranza di ripresa.

Capire perché l’Italia abbia il peggior risultato rispetto ad altri Paesi europei e perché a tutt’oggi l’estate sia la peggior stagione dell’anno per le nostre sale ha acceso un dibattito, che, incredibilmente, ha solo sfiorato un punto fondamentale, almeno per il primo aspetto: i contenuti. Forse perché i distributori presenti sono di sovente anche produttori e allora alcuni di loro avrebbero dovuto fare pubblica ammenda.

Il cinema italiano, che resta una buona fetta dei listini, non è un mistero che spesso sia scadente. Si fanno troppi film grazie solo ai sostegni statali, film che hanno incassi irrisori semplicemente perché brutti. La verità è che abbiamo eccellenti attori, pochissimi bravi autori e pochi registi capaci, senza contare ovviamente i fuoriclasse, meno di un tempo, ma comunque presenti. Per essere regista non basta aver fatto l’Accademia, ci vuole talento.

Basterebbe a volte anche un buon mestiere, ma anche quello scarseggia. Il fatto è che ci sono troppi registi che sono anche soggettisti e sceneggiatori dei propri film, quando non anche interpreti. Accadeva anche in passato, ma si aveva l’umiltà e il buon senso di farsi aiutare da grandi autori.

Il nostro cinema si è anche eccessivamente ridotto a realtà regionale, spesso in modo fastidiosamente macchiettistico e questo aiuta la sua chiusura: è un film che non si esporta e come potrebbe? Alle volte è difficile anche solo programmarlo dall’altra parte dello Stivale, perché il dialetto è ben oltre la cadenza e altrove diventa poco comprensibile.

Il cinema italiano è poi spesso una versione dolby del cabaret televisivo. La verità è che non è vero che non si vada a vedere i film italiani, è che quelli veramente da vedere sono pochi e quei pochi sì hanno un pubblico, dunque chiedersi – come ho sentito fare – come mai ci siano film che non funzionano al cinema, ma funzionano sulle piattaforme vuol dire non aver compreso che il cinema è altro da simili prodotti per cui mai spenderesti un biglietto.

Del resto qualche lampante esempio di quanto ahimè detto è ovviamente presente in qualche listino per la prossima stagione. Aver dovuto sottoscrivere l’obbligo di riservatezza per poter assistere alla presentazione dei vari film in programma non mi permette di citarli, ne potrò eventualmente parlare solo quando arriveranno in sala.

Devo però riconoscere che sono marginali rispetto a un elenco lunghissimo, che prelude a un grande ritorno al cinema, quello vero fatto di storie, di spettacolo e di emozioni, così come è poi davvero il cinema.

Questo comunque posso dirlo: il più bel listino, a mio parere, è quello della Lucky Red, che si conferma attenta – in qualche occasione in collaborazione con la BIM – nel distribuire e produrre solo cinema di qualità. La più attenta a combattere la diserzione estiva con uscite importanti durante tutta la bella stagione.

L’etichetta dei blockbuster, tali almeno in pectore, è di certo la Warner, che porta film dai grandi effetti speciali. RaiCinema e 01 Distribuzione vi stupiranno, poi ancora tanto buon cinema italiano e straniero qua e là sotto le altre etichette.

Ciné con le sue giornate ha offerto anteprime, eventi aperti al pubblico e molte occasioni di approfondimenti su una filiera sì industriale, ma il cui prodotto è arte. Un’arte specialissima, che ti strappa emozioni come in parte solo la musica riesce a fare.

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Le foto sono di Aida Mele

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