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medicina di precisione

Un nuovo test genomico efficace contro il tumore ovarico avanzato

È disponibile nel Laboratorio di bioscienze Irst “Dino Amadori” Irccs

Nella foto Bandini, Zampiga, Cangini e Calistri

È da poche settimane disponibile nel Laboratorio di Bioscienze Irst “Dino Amadori” Irccs un nuovo test genomico che consentirà di contrastare con maggior efficacia il tumore ovarico in stadio avanzato. Il test, eseguito su tessuto tumorale mediante sequenziamento di ultima generazione (Ngs), fornirà agli oncologi elementi utili per selezionare il trattamento più efficace in base alle caratteristiche genetiche delle pazienti. In particolare, identificando le pazienti Hrd positive (circa la metà delle donne affette da questa forma di cancro), consentirà di utilizzare una combinazione di farmaci mirati di recente approvazione Aifa, che si è dimostrata capace di un controllo della malattia a lungo termine con un miglioramento della qualità di vita.  

L’inserimento del kit Hrd nel già ricco elenco di test avanzati eseguibili in Irst rientra nell’ambito del miglioramento continuo della diagnostica molecolare in ambito oncologico, ed è risultato del diretto impegno della Struttura di diagnostica molecolare coordinata dal dottor Daniele Calistri, in particolare delle dottoresse Valentina Zampiga, Ilaria Cangini ed Erika Bandini che hanno condotto il percorso di validazione e inserimento in routine del test genomico Hrd. 

Circa la metà delle pazienti con carcinoma ovarico mostrano un deficit nel meccanismo di riparo del Dna mediante il meccanismo genetico della ricombinazione omologa (Hrd), un processo di “riparazione” del Dna essenziale per la proliferazione cellulare. Tali errori sono principalmente dovuti a varianti germinali e somatiche nei geni Brca1 e Brca2, seppure esistano altre cause. “Il test consente di riconoscere - spiega la dott.ssa Zampiga - oltre allo stato mutazionale dei geni Brca, anche lo stato di Deficit di ricombinazione omologa (Hrd) nel tessuto tumorale. Questo è un importante traguardo, in quanto riconoscere una situazione di instabilità genomica aiuterà ad identificare quali pazienti abbiano la maggior probabilità di risposta a specifici trattamenti farmacologici in base al proprio assetto genomico.”

Precisa il dottor Ugo de Giorgi, direttore dell’Unità oncologia clinica e sperimentale terapie innovative ed alte dosi: “L’impatto clinico di tali test genetici può essere determinante in una patologia come il tumore ovarico che spesso pare rispondere ai trattamenti ma che tende a ricadere in malattia e a cronicizzarsi. Grazie alle informazioni fornite da questi test sarà possibile selezionare e trattare pazienti con farmaci specifici che, in fase di studio clinico, hanno ottenuto promettenti benefici a lungo-termine, aprendo così a chance di cura altrimenti non possibili. Uno strumento, quindi, dalle grandissime potenzialità che possiamo offrire alle nostre pazienti.”

 

Il test HRD, introdotto recentemente in Italia, a livello nazionale è eseguibile solo nell’ambito di strutture che dispongano di know-how specialistico e strumentazione idonea per la sua esecuzione. Al fine, dunque, di favorire la disponibilità del test HRD in un’ottica di appropriatezza diagnostica su tutto il territorio, la Delibera 488 del 3 aprile scorso della Regione Emilia-Romagna, ha indicato il Laboratorio di Bioscienze IRST IRCCS tra i tre Centri Hub regionali autorizzati all’esecuzione di questo test genomico (gli altri sono Bologna e Modena). Per l’esecuzione del test è necessaria la prescrizione del medico oncologo di riferimento in IRST “Dino Amadori” IRCCS o AUSL Romagna. In tal senso si tratta di una chance per l’intero territorio romagnolo, ulteriore dimostrazione che solo attraverso la collaborazione tra aziende e istituzioni è possibile accedere ai più alti livelli della medicina personalizzata.  

Sul piano epidemiologico, in Italia, si stimano circa 5.200 nuove diagnosi all’anno di tumore ovarico. In molti casi è diagnosticato in stadio avanzato e scoperto occasionalmente durante controlli ginecologici. Elemento che incide sulla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, che oggi sui attesta a 43%. Tra le condizioni di rischio ci sono fattori endocrini (infertilità, prima gravidanza oltre i 35 anni), fattori familiari e genetici.

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