riflessione
Il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. Il commento al Vangelo della prima domenica di Quaresima
Dall'omelia di un biblista, il sacerdote don Luca Ravaglia di Faenza
Di seguito pubblichiamo il testo dell'omelia pronunciata ieri dal sacerdote don Luca Ravaglia, biblista, della Diocesi di Faenza. In tempo di Coronavirus, un buon antidoto per non farci travolgere dalle paure e dall'ansia.
Che bello! Dove c’era il diavolo adesso ci sono gli angeli. Dove c’era solitudine e tentazione ora c’è comunione e servizio.
Con Gesù, nuovo Adamo, il deserto diventa un Paradiso, un luogo di pace, di armonia.
Con Gesù, con i suoi amici, luoghi, ambienti, situazioni cambiano volto… Pensiamo a un marciapiede di Calcutta quando passa madre Teresa o all’arsenale militare di Torino che diventa Arsenale della Pace.
Anche le prove, le crisi diventano occasioni per crescere, maturare, per rinnovarsi, per tirare fuori cose belle.
Con Gesù, forse possiamo scoprire delle opportunità positive anche nelle giornate difficili che il nostro Paese sta vivendo, giorni in cui i calendari e le abitudini vengono cambiati, in cui il futuro appare incerto.
Certo anche questo deserto ha le sue tentazioni:
- Possiamo farci prendere dal virus dell’agitazione, della paura irrazionale.
- Possiamo facilmente dividerci, stato contro stato, regione contro regione. Possiamo far partire la caccia all’untore, al colpevole, possiamo isolare e ghettizzare qualcuno. Adesso, che tocca a noi essere considerati contagiosi, pericolosi, ci accorgiamo che non è così bello.
- Possiamo buttarci in modo forsennato sul pane, sulle sicurezze materiali: Non di solo pane vive l’uomo… ma non si sa mai! Meglio far la scorta… E si sono visti gli scaffali vuoti che non si vedevano dal tempo della guerra.
- Possiamo facilmente dar credito a false informazioni e diffonderle. Come fa il diavolo l’inventore delle fake news: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?» Questo episodio biblico rivela che nessuna disinformazione è innocua; anzi, fidarsi di ciò che è falso, produce conseguenze nefaste. Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi. (papa Francesco, Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali 2018)
- Possiamo essere anche leggeri e imprudenti: “Buttati giù… tanto ci pensa il Signore a salvarti… Non sospendere la Messa, che quello che conta è la preghiera…” Si sono sentite queste voci anche nel nostro mondo. Come se la fiducia nella Provvidenza non ci chiamasse anche alla prudenza, come se la fiducia alla preghiera non fosse amica della ragione e della scienza.
- Possiamo arrivare anche a deformare in modo diabolico il volto di Dio: Non mancano infatti i tentativi maldestri di ricondurre l’origine del fenomeno ad una presunta volontà punitrice di Dio, che circola da parte di cristiani evidentemente ignari della novità evangelica portata da Gesù. (Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola).
Ma questi giorni che ci auguriamo brevi, nascondono forse qualche opportunità.
1. Nutrirci di più della presenza di Gesù, della sua Parola.
Non ci sono state solo corse al supermercato, ci sono stati tanti che hanno sentito il desiderio di nutrirsi di preghiera: Facciamo un po’ di adorazione? Prepariamo una traccia per la preghiera in casa il giorno delle Ceneri?
Qualcuno nel maggior tempo a disposizione prega un po’ di più, qualcuno ha ripreso in mano il Vangelo…
La Quaresima è il tempo propizio per fare spazio alla Parola di Dio. È il tempo per spegnere la televisione e aprire la Bibbia. La Quaresima è deserto, è il tempo per rinunciare, per staccarci dal cellulare e connetterci al Vangelo. È il tempo per rinunciare a parole inutili, chiacchiere, dicerie, pettegolezzi, e parlare e dare del “tu” al Signore. Al diavolo che lo tentava rispose: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Come il pane, più del pane ci occorre la Parola di Dio, ci serve parlare con Dio: ci serve pregare. Perché solo davanti a Dio vengono alla luce le inclinazioni del cuore e cadono le doppiezze dell’anima. Ecco il deserto, luogo di vita, non di morte, perché dialogare nel silenzio col Signore ci ridona vita (papa Francesco).
2. Sentirsi sulla stessa barca
Il gioco del diavolo è quello di separare: uno contro l’altro; uno sul monte e gli altri giù; uno ha tutto e gli altri niente. Così il diavolo ci tenta.
Questi giorni invece ci possono aiutare a sentirci tutti sulla stessa barca. A vedere il mondo dalla parte degli ultimi, dei contagiosi, dei pericolosi, di quelli che non vengono fatti sbarcare.
Dei nostri fratelli che non possono andare più a Messa, non solo il giorno delle Ceneri… ma tutti i giorni, a causa della persecuzione o perché la loro chiesa è stata distrutta dalla guerra.
Sentiamo maggiormente il valore del bene comune e di una comune appartenenza alla società, all’umanità. Anche la sospensione delle attività pastorali, in linea con le disposizioni delle autorità civili, manifesta una Chiesa che non si chiama fuori, ma partecipa in pieno alla vita e ai problemi del Paese.
Gesù ha scelto questa strada: non il monte del diavolo, ma il monte delle Beatitudini: la condivisione, la misericordia. E a Gerusalemme, sulla Croce, ha offerto uno “spettacolo” ben diverso da quello che gli proponeva il diavolo.
3. I santi della sanità e della malattia.
- Il lavoro di tanti medici e infermieri, in prima linea in questi giorni contro il diffondersi del virus, ci può spingere poi a rileggere il nostro “Album di Famiglia”: le tante pagine del vangelo dove Gesù cura i malati con grande umanità e manda i suoi amici ad annunciare il vangelo curando i malati; le tante figure di medici, infermieri, malati, ricercatori che si sono fatti santi o hanno vissuto il Vangelo in ospedale, nel campo della sanità. Lo sappiamo ad esempio che il biologo Lazzaro Spallanzani, che ha dato il nome all’ospedale romano che in questi giorni abbiamo imparato a conoscere, era un prete gesuita? O che, in prima linea nella lotta alla Sars che ha contribuito a fermare anche col sacrificio della sua vita, c’è stato il medico marchigiano Carlo Urbani, testimone di fede e di carità?
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