Dalla Chiesa
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Centenario della nascita

La profezia di don Giussani: la radicalità della ‘pretesa cristiana’ come risposta alle domande del cuore

Oggi, sabato 15 ottobre alle 11,30, in piazza San Pietro papa Francesco tiene un’udienza speciale a Comunione e Liberazione. Da Cesena-Sarsina sono presenti oltre 250 persone. Il presidente della Fraternità di Cl Davide Prosperi parla dell'opera di don Giussani, della sua attualità e del suo contributo offerto alla Chiesa e alla società

foto Ansa/Sir

“Festeggiare questo Centenario insieme a papa Francesco in piazza San Pietro è per noi anzitutto l’occasione di ringraziare Dio del dono di don Giussani e del carisma a lui affidato dallo Spirito Santo”.

Così Davide Prosperi, da circa un anno presidente dalla Fraternità di Comunione e Liberazione (Cl), descrive al Sir l’attesa del Movimento per l’udienza speciale, del 15 ottobre, concessa da papa Francesco a Cl in occasione del centenario della nascita di don Luigi Giussani. In piazza san Pietro oltre 50mila persone da più di 60 Paesi del mondo. Da Cesena-Sarsina sono presenti in oltre 250.

Davide Prosperi, presidente Fraternità CL (Foto CL)

Davide Prosperi, presidente Fraternità CL (Foto CL)

“È una gratitudine – sottolinea il presidente – che ci ributta in cammino ogni giorno dove siamo, in famiglia, con gli amici, a scuola, in università o al lavoro, ‘facendo’ il movimento sulla strada indicata dalla Chiesa. Coscienti che questa storia si rinnova sempre, per grazia dello Spirito, ringiovanendo e aprendosi a nuove stagioni”.

Presidente, a 100 anni dalla nascita qual è l’attualità del messaggio di Don Giussani?
Credo che l’attualità del messaggio di Giussani stia proprio, chiedo scusa per il gioco di parole, nel suo essere sempre attuale. La radicalità della “pretesa cristiana” annunciata come risposta alle domande profonde del cuore e la forza di una proposta educativa integrale, restano affascinanti per donne e uomini di ogni epoca, e sono in grado di portare frutto in qualsiasi momento della storia. Del resto è Cristo stesso, nel suo porsi come compimento di tutto ciò che l’uomo desidera, a essere radicale e quindi sempre attuale. Giussani ha avuto in dono dallo Spirito la semplicità di cuore di saper vivere lui stesso tale radicalità e il carisma di saperla riproporre a tutti con ragioni adeguate, in un’esperienza di compagnia cristiana autentica e che rilancia a essere protagonisti nel mondo.

Qual è il contributo di don Giussani offerto alla Chiesa e alla società?
Don Giussani ha iniziato il movimento in un periodo, gli anni ’50, in cui la Chiesa era ancora assoluta protagonista della società, anche nei numeri. Eppure già allora egli vide, specialmente nei giovani, i segni di un abbandono, di una partecipazione formale che non aveva più il suo fondamento nell’esperienza di una fede in grado di rispondere davvero alle esigenze fondamentali della vita. Giussani è ripartito, come si dice, dalle basi. Non limitandosi a fare la Cassandra o a lamentarsi, ma rimettendosi a educare, giorno dopo giorno, e provocando i giovani a darsi le ragioni di ciò che vivevano, del loro desiderio di felicità, delle loro aspirazioni. Offrendo loro un luogo dove, per dirla in modo semplice, c’era uno con le idee chiare da seguire. Oggi, che vediamo realizzata la profezia di Giussani, c’è da fare la stessa cosa che fece lui, come lo stesso Papa Francesco ci continua a insegnare: rieducare alla convenienza dell’abbraccio di Cristo alla vita dell’uomo nella sua totalità, ovvero con le sue contraddizioni e limiti ma anche i grandi slanci ideali e i talenti di ognuno. Dentro una “compagnia guidata al destino”, come la definiva Giussani, nella forma cioè che Gesù stesso ha suggerito.

Nell’udienza con CL (piazza San Pietro, 7 marzo 2015), papa Francesco, parlando di don Giussani, disse che “il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell’anelito dell’uomo. Voi sapete quanto importante fosse per Don Giussani l’esperienza dell’incontro: incontro non con un’idea, ma con una Persona, con Gesù Cristo. Così lui ha educato alla libertà, guidando all’incontro con Cristo, perché Cristo ci dà la vera libertà”. È forse questo, tra quelli lasciati da don Giussani, l’insegnamento che più di ogni altro caratterizza la sua figura?
Direi di sì. E la sua provocazione vale a maggior ragione oggi, in un’epoca in cui la concezione del desiderio e una certa idea di libertà appaiono deformate. Oggi, come duemila anni fa, il cristianesimo si identifica con un Fatto, l’Avvenimento di Cristo, e non con un’ideologia. In Cristo, Dio ha parlato all’umanità, comunicandosi non come discorso per gli intellettuali, ma come un fatto storico, accaduto realmente, di cui in ogni tempo si può fare esperienza. La sfida che come cristiani siamo tenuti a lanciare al resto della società è quindi quella che don Giussani scrive nel suo testo ‘Il rischio educativo’: “La fede viene proposta come la suprema razionalità, in quanto l’incontro con l’avvenimento che la veicola genera un’esperienza e una corrispondenza all’umano impensata, impensabile”. È questa corrispondenza “impensabile” con l’umano nella sua interezza che rende affascinante, anche per chi non crede, la proposta cristiana. Io ritengo che i movimenti abbiano il compito di rinnovare tale proposta nei diversi ambiti: quartieri, scuole, luoghi di lavoro. E anche naturalmente nella cultura e nella politica. Penso innanzitutto alla responsabilità di sostenere pubblicamente il Papa e il suo sforzo quasi inascoltato per una pace vera, oggi più che mai urgente. Nulla è tagliato fuori nel rapporto con Cristo. Mi viene in mente la frase di Gesù sul “centuplo quaggiù” che Giussani ripeteva molto spesso: non solo nell’aldilà c’è promessa una pienezza di vita, ma già nell’aldiquà. Per cui seguendo Lui posso essere libero cento volte di più, amare mia moglie e i miei figli cento volte di più, aiutare gli altri cento volte di più, migliorare la società e il mondo cento volte di più. C’è forse qualcosa di più interessante di questo?

In che modo CL, con le sue iniziative – pensiamo in primis al Meeting di Rimini – incarna e declina l’eredità del suo fondatore? Resta sempre attuale quanto scrisse don Giussani (Porta la speranza): “Il cristianesimo non si realizza mai nella storia con fissità di posizioni”…
Giussani dichiarò davanti a San Giovanni Paolo II: “Non solo non ho mai inteso ‘fondare’ niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta”. È sempre stata questa la proposta del movimento, pur modificandosi negli anni nella forma espressiva e nelle sottolineature, interpretando cioè le domande profonde e le sfide del presente. E quindi anche nelle sue modalità di impegno civile e di presenza. Don Giussani generava adulti nella fede che poi si giocavano, personalmente e al tempo stesso in unità tra loro, nelle opere.

Ci sono delle parole che più di altre identificano l’azione del Movimento?
Cultura, carità e missione: sono le tre parole che un po’ identificano la nostra azione fin dagli inizi. Sono dimensioni che caratterizzano non solo una proposta di presenza cristiana nella società, ma l’orizzonte del vivere in ogni aspetto della vita di tutti, anche quello più banale e quotidiano. Sono cioè le dimensioni di una umanità pienamente consapevole del senso profondo della propria presenza nel mondo, trasfigurata dall’incontro con Gesù vissuto nella Chiesa.

Fonte: Sir
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