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Natale, papa Francesco: "Il cielo non è più lontano"

Nei giorni scorsi papa Francesco ha presieduto in Vaticano la Messa della notte di Natale, ha tenuto il tradizionale discorso prima della benedizione “Urbi et Orbi” il 25 dicembre e ha recitato l'Angelus nel giorno della festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa

25 dicembre 2019 (foto Sir)

Nei giorni scorsi papa Francesco ha presieduto in Vaticano la Messa della notte di Natale, ha tenuto il tradizionale discorso prima della benedizione “Urbi et Orbi” il 25 dicembre e ha recitato l'Angelus nel giorno della festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa. Di seguito, pubblichiamo alcune delle sue parole pronunciate in queste occasioni.

24 dicembre

“Mentre qui in terra tutto pare rispondere alla logica del dare per avere, Dio arriva gratis”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa della notte di Natale, celebrata la sera di martedì 24 dicembre nella basilica di San Pietro. “Il suo amore non è negoziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo e non potremo mai ricompensarlo”, ha spiegato Francesco. “È apparsa la grazia di Dio. Stanotte ci rendiamo conto che, mentre non eravamo all’altezza, Egli si è fatto per noi piccolezza; mentre andavamo per i fatti nostri, egli è venuto tra noi”. “Nella notte della terra è apparsa una luce dal cielo”, ha raccontato il Papa: “La grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini, stanotte ha avvolto il mondo. Ma che cos’è questa grazia? È l’amore divino, l’amore che trasforma la vita, rinnova la storia, libera dal male, infonde pace e gioia”. “Stanotte l’amore di Dio si è mostrato a noi: è Gesù”, ha proseguito Francesco: “In Gesù l’Altissimo si è fatto piccolo, per essere amato da noi. In Gesù Dio si è fatto Bambino, per lasciarsi abbracciare da noi”.

25 dicembre

“Il Figlio di Dio, disceso dal Cielo sulla terra, sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste ed altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza”. Così il Papa prima della benedizione “Urbi et Orbi”. “L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore. Attraverso i nostri poveri volti, doni il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze. Attraverso le nostre deboli braccia, vesta i poveri che non hanno di che coprirsi, dia il pane agli affamati, curi gli infermi. Per la nostra fragile compagnia – ha concluso Francesco - sia vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo”.

26 dicembre

“La festa di questo primo martire Stefano ci chiama a ricordare tutti i martiri di ieri e di oggi – oggi sono tanti! – a sentirci in comunione con loro, e a chiedere a loro la grazia di vivere e morire con il nome di Gesù nel cuore e sulle labbra”. Lo ha detto papa Francesco nell’Angelus per la festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa. “Questo giovane servitore del Vangelo, pieno di Spirito Santo, ha saputo narrare Gesù con le parole, e soprattutto con la sua vita”, ha aggiunto. “Per noi cristiani, il cielo non è più lontano, separato dalla terra: in Gesù, il Cielo è disceso sulla terra. E grazie a Lui, con la forza dello Spirito Santo, noi possiamo assumere tutto ciò che umano e orientarlo verso il Cielo. Così che la prima testimonianza sia proprio il nostro modo di essere umani, uno stile di vita plasmato secondo Gesù: mite e coraggioso, umile e nobile, non violento”. “Stefano era diacono, uno dei primi sette diaconi della Chiesa. Egli ci insegna ad annunciare Cristo attraverso gesti di fraternità e di carità evangelica. La sua testimonianza – ha precisato il Papa - culminata nel martirio, è fonte di ispirazione per il rinnovamento delle nostre comunità cristiane. Esse sono chiamate a diventare sempre più missionarie, tutte protese all’evangelizzazione, decise a raggiungere gli uomini e le donne nelle periferie esistenziali e geografiche, dove più c’è sete di speranza e di salvezza. Comunità che non seguono la logica mondana, che non mettono al centro sé stesse, la propria immagine, ma unicamente la gloria di Dio e il bene della gente, specialmente dei piccoli e dei poveri”.

Fonte: Sir
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